Questo disco è un vero viaggio musicale all’interno della musica americana delle radici, un percorso estremamente variegato e caleidoscopico con il denominatore comune del grandissimo amore per questi suoni. “Why Not” è il frutto di anni in cui Paolo Ercoli, musicista che si può tranquillamente affiancare ai migliori talenti d’oltreoceano per quanto riguarda tecnica e cuore, ha intessuto una fitta trama di collaborazioni ed amicizie da entrambi i lati dell’oceano che ora vengono trasposti in un album di grandissima qualità. Chi ha avuto in questi anni la fortuna di vedere Paolo sul palco, spesso affiancando alcuni tra i migliori songwriters americani in tour nel nostro Paese, non ha potuto non notare una tecnica sopraffina soprattutto al dobro ma anche a pedal steel guitar e un approccio caratterizzato da una notevole carica umana e da grande umiltà, doti che traspaiono cristalline lungo l’ora circa di “Why Not”. Come dice lo stesso Paolo Ercoli nelle esaustive note di copertina, il disco è anche un vero e proprio riassunto e compendio di ciò che ha fatto in questi anni, una colonna sonora che comprende tutti i suoi  amori musicali, dal bluegrass allo swing, dal blues alla country music, dal rock al jazz ed è bello notare quanto abbia seminato in fatto di amicizie. Amicizie che ora lo supportano splendidamente, a partire da Jerry Douglas, tra i massimi ‘dobro player’ al mondo che firma la prefazione al disco e appare anche in un brano, per proseguire con nomi di assoluta eccellenza come i mandolinisti Sierra Hull e Frank Solivan, Scarlet Rivera e Luke Bulla ai violini, Trey Hensley alla chitarra, Rob Ickes dei Blue Highway al dobro e le voci di Chris Jones, Kathy Kallick e Abbie Gardner tra gli altri. Non potevano naturalmente mancare i moltissimi artisti italiani che ne hanno condiviso passioni e incisioni come Martino Coppo e Silvio Ferretti dei Red Wine, Jimmy Ragazzon, Veronica Sbergia, Rino Garzia, Max De Bernardi e moltissimi altri che scoprirete ascoltando l’album. “Why Not”, lungo ed articolato, sorprende per l’efficacia della selezione che sottolinea quanto ampie siano le ‘vedute’ di Paolo Ercoli, la produzione limpida ed impeccabile e la scorrevolezza e piacevolezza delle scelte musicali. Come detto si passa con naturalezza dal Miles Davis di “Nardis”  alla eccellente cover di “Build Me Up From Bones” di Sarah Jarosz (con una deliziosa performance vocale di Camilla Conti), da “Scarlet Town” di Gillian Welch alla immortale “Panhandle Rag” di Leon McAuliffe, per poi rimarcare anche la bravura compositiva di Paolo Ercoli che firma ben sette brani che passano dal bluegrass al rock e che ben definiscono le radici del musicista lombardo. Un percorso netto quello di Paolo che si chiude con una canzone che vede l’omaggio di un’infinità di musicisti che ricambiano il favore e danno il loro contributo appassionato, dagli Orphan Brigade a Tim Grimm, Thom Chacon, Malcolm Holcombe, Bocephus King, Matt Harlan, Doug Seegers, Radolsav Lorkovic e Chris Buhalis, accomunati tutti dall’aver goduto dei ‘servizi’ strumentali del nostro. Un disco questo riuscitissimo e consigliatissimo a tutti coloro che amano la musica nel senso più ampio e profondo del termine. (Remo Ricaldone)