Ormai più di una grande promessa ma musicista maturo per il grande salto nel firmamento (roots) rock, lo svedese Jesper Lindell firma con il suo quarto disco solista il suo lavoro più solido ed ispirato, dando ampio spazio a doti compositive ed intepretative di assoluto valore. Jesper aveva debuttato qualche anno fa con un album prodottogli dal padre delle First Aid Kit, Benkt Soderberg, duo folk che ha avuto ottimi riscontri anche negli Stati Uniti per poi superare molte vicissitudini personali che sembravano potessero tarpargli le ali ed impedirgli di esprimersi come invece è riuscito a fare soprattutto con “Twilights”, album che in qualche modo ne ha consacrato il talento. Ora con “Before The Sun” il nostro ha consolidato un suono deliziosamente vintage, dalla scelta di usare strumentazioni rigorosamente anni settanta alla chiara ispirazione a personaggi come il Van Morrison ispiratissimo di quella decade e la Band di Robbie Robertson con la quale condivide l’immaginario di un’America in bilico tra blues, soul, country  e rock. Oltre ad arrangiamenti impeccabili quello che colpisce è anche una voce estremamente incisiva ed affascinante che personalmente rimanda a certe cose del Joe Henry di qualche anno fa o ad un Ray LaMontagne più solido e robusto, sempre ‘sul pezzo’ e costantemente calda ed avvolgente con le sue sfumature soul come nella bella “Howlin’”. La band che lo accompagna ha poi un ruolo basilare nel creare queste atmosfere, con il fratello Anton Lindell al basso, le splendide tastiere dietro le quali siede Rasmus Fors, Jimmy Reimers che imbraccia con grande gusto chitarre e violino, un drummer preciso e puntuale come  Simon Wilhelmsson e una sezione fiati che colora ed insaporisce molti dei brani contenuti in questa pregevole selezione. Selezione che si apre con “One Of These Rainy Days” che subito chiarisce gli intenti di Jesper Lindell, proseguendo con gioiellini del calibro della title-track “Before The Sun”,  di “Never Gonna Last”, della soffice “A Little Light In The Dark” e della più acustica “Do Me In” che chiude il disco. Unica cover è una riuscita fresca versione di “Honesty Is No Excuse” di Phil Lynott, indimenticato leader dei Thin Lizzy. Disco assolutamente e caldamente consigliato per canzoni, suoni ed interpretazioni di rilievo a conferma di una scena piena di talenti come quella svedese. (Remo Ricaldone)