Il musicista di Chicago ha pubblicato un ambizioso doppio disco che illustra in maniera profonda e limpida i suoi lati caratteriali e musicali, un doppio lavoro che si divide in una prima parte intitolata “Lighthouse On The Shore” dove predilige l’introspezione e l’amore per la ballata acustica e una seconda intitolata “East Jesus” in cui i temi si fanno più elettrici e pungenti senza dimenticare quanto peso letterario abbiano le sue composizioni. Venti canzoni così suddivise dove non mancano momenti leggermente risaputi ma che nel complesso riflettono con coerenza e forza espressiva la sua contagiosa cifra melodica. Con la produzione praticamente tutta merito dello stesso McDermott, le sessions si sono tenute nella nativa ‘Windy City’ con il prezioso supporto della moglie Heather Lynne Horton a violino e voce in primis, delle chitarre di Will Kimbrough (presente anche a banjo e mandola) e di Grant Tye nella parte ‘elettrica’, delle tastiere del bravissimo John Deaderick e di una sostanziosa ma mai troppo invasiva sezione ritmica formata da Matt Thompson al basso e dai tamburi (sempre nella parte elettrica) di Steven Gillis. Il primo disco è probabilmente quello che regala maggiori emozioni, il più intensamente vissuto anche a livello personale con l’introduttiva e pianistica “Bradbury Daydream” a dettare tempi rilassati ma al tempo stesso carichi, con la title-track che bissa le riflessioni di Michael McDermott sulla propria vita dando più di uno spunto poetico e confermando le sue grandi doti di storyteller. “I Am Not My Father” è un momento in cui, in concerto, il nostro mostra quanto sia coinvolto emotivamente quando interpreta questo brano e la versione in studio scorre con intensità anche senza raggiungere quello zenit. Belle sono anche “Nothing Changes”, classica nel suo andamento, “Gonna Rise Up” significativa nel ribadire quanto sia importante tenere a bada i propri ‘demoni’ passati e non lasciare che tornino a condizionare la propria vita e “Grateful” che congeda con dolcezza e grande grazia. “East Jesus” apre invece con il ritmo pulsante di “FCO” che inaugura una selezione dove, pur su un livello appena inferiore, pulsioni rock vengono tradotte in un coinvolgente momento liberatorio come in “Berlin At Night”, in “Lost Paradise” e in “Behind The Eight” anche se ci sono da citare eccellenti ballate come quella che da’ il titolo al disco e come il dittico “Charlie Brown” e “Whose Life I’m Living” che personalmente ritengo le più commoventi e appassionate. Doppio album caratterizzato da forza e ispirazione, con un rigenerato Michael McDermott che continua a regalarci avvincenti album. (Remo Ricaldone)