Brooks & Dunn hanno avuto un grande merito. Il duo ha capeggiato il boom di un moderno approccio del country all’honky tonk ed al rock, seguiti da Clint Black, Alan Jackson e Garth Brooks, sino ai Brothers Osborne. Hanno preso a piene mani l’energia del country-rock della West Coast, lo spirito delle sale da ballo del Texas e dell’Oklahoma e l’hanno mescolato al classico Nashville sound con grande maestria. Ronnie Dunn e Kix Brooks, con questa ricetta, ravvivarono delle carriere soliste finite in penombra.

La melodia di “Ain’t Nothing ‘Bout You”, classificata miglior canzone del 2001, l’evocazione nostalgica del mondo rurale di “Red Dirt Road”, numero uno delle classifiche 2003, il romanticismo di “Neon Moon” e di “My Maria”, vincitrice di un grammy nel 1997, la freschezza irriverente di “Play Something Country” e il rock di “Hard Workin’ Man”, fanno pensare che le canzoni dei Brooks & Dunn rimarranno per sempre nelle playlists country.

Ciascuno dei cantautori aveva ottenuto un modesto consenso, Kix Brooks aveva anche scritto i successi di Nitty Gritty Dirt Band e Highway 101, ma niente di paragonabile a ciò che avrebbero ottenuto insieme. Eppure inizialmente la coppia era riluttante, fu Tim Dubois dell’Arista Records ad intuire il potenziale di un eventuale duo, li chiamò e li convinse a lavorare col cantautore Don Cook e il produttore Scott Hendricks. Così i Brooks & Dunn sono diventati il duo country che ha venduto di più nella storia e anche quello più premiato.

L’uno riflessivo, l’altro più impulsivo, Ronnie e Kix hanno insieme costruito una band che ha saputo sfruttare sound accattivante e rappresentazione. Sin dal loro primo videoclip, quello di “Brand New Man”, in cui li si vede passeggiare tra le distese selvagge del southwest, nei paesaggi color ruggine che sarebbero tornati più volte nella loro estetica, hanno valorizzato un’immagine dinamica e appassionata, capace di riscrivere la mitologia del cowboy e del country rock. Spavalderia scenica e approccio diretto, pickup e fuoristrada, stivali sporchi di polvere, gilet e giubbotti di pelle, cowboy hat, chitarre elettriche e movenze honky tonk trionfano nei video di “Boot Scootin’ Boogie”, “Red Dirt Road”, “Hillbilly Deluxe”, e tali scelte hanno enormemente contribuito al successo commerciale e radiofonico del loro febbrile e ibrido honky tonk.

Si prenda ad esempio “Boot Scootin’ Boogie”, scritta da Ronnie prima della nascita del duo con Brooks. Fu registrata nel 1990 dagli Asleep at the Wheel e risulta completamente diversa da quel country elettrico che conosciamo e che diede il quarto numero uno consecutivo del loro debut album, dopo “Brand New Man”, “My Next Broken Heart” e “Neon Moon”. Oltretutto, omaggio al mondo dei country dance club texani, il brano rilanciò la mania dei balli di gruppo, finendo coreografata in una serie di guinness per la più grande line dance in Australia nel 1996, ’97, ’98, ’99 e di nuovo nel 2000.

Il loro primo album fu certificato quadruplo disco di platino, con quattro milioni di vendite. Il secondo, “Hard Workin’ Man”, del 1993, ottenne un’altra manciata di successi, tra cui altri due primi posti nelle classifiche con “She Used to Be Mine” e “That Ain’t No Way to Go”, e fu certificato triplo disco di platino. Tutto questo fu solo l’inizio di un successo spettacolare che li ha condotti stabilmente a dominare la scena country americana, con un totale di undici album di platino.

Sciolti nel 2009, con l’addio al “Last Rodeo Tour”, e tornati sulle scene nel 2015 per una serie di eventi a Las Vegas con Reba McEntire, hanno ripreso la strada sospesa: Ronnie è stato iscritto alla Nashville Songwriters Hall of Fame e l’album del 2019 “Reboot”, con i loro successi interpretati con giovani artisti come Luke Combs, Kacey Musgraves e Cody Johnson, li ha riconsegnati al pubblico, al primo posto nella classifica Billboard Top Country Albums. Quello stesso anno i Brooks & Dunn sono stati inseriti nella Country Music Hall of Fame.  (Angelo D’Ambra)