L’idea che ha portato alla realizzazione di questo nono lavoro discografico per la band svedese West Of Eden, tra le migliori realtà europee in fatto di suoni acustici influenzati da folk e canzone d’autore, è nata durante il tour celebrativo per i loro ventanni di attività nel 2017. Essendo sempre stati profondamente influenzati dalla tradizione irlandese e delle isole britanniche, i sei musicisti hanno colto la palla al balzo e hanno trascorso una settimana tra Scozia ed Inghilterra, tra distillerie di whisky e chiese, unendo sacro e profano in un’esperienza che li ha portati a collaborare con diversi artisti locali incidendo i brani che ora fanno parte di un disco di grande efficacia ed espressività che si intitola, ironicamente, “Flat Earth Society”. Jenny e Martin Schaub guidano la band scandinava con mano sicura, le loro voci evocano splendide pagine di tradizione mischiata a contemporaneità, dai Waterboys di Mike Scott a cui si avvicina fortemente la vocalità di Martin ai Clannad a cui si può accostare quella di Jenny, gli strumenti pizzicati con estrema naturalezza e gusto, fiddle, chitarre , flauti ma anche lap steel e accordion protagonisti assoluti delle sessions. Gli echi della primissima Joni Mitchell nella suadente “Pretty Please”, tutto l’orgoglio ‘irlandese’ profuso nella bellissima “Kate, Are You Ready Now”, la dolce ed eterea “The Dwindling Of The Day”, due strumentali di notevole bellezza che evocano con grande poesia le brume nordiche come “Isak/Doris” e “Rowbotham’s Map” (quest’ultima con reminiscenze quasi ‘Knopfleriane’), “Vipers & Fireflies” dall’andamento vivace e fresco e la nitida title-track sono secondo chi scrive i momenti più significativi di un album ancora una volta ricco di spunti. Un gruppo, i West Of Eden, capace di ricreare atmosfere seducenti ed idilliache nel segno della più sincera folk music. (Remo Ricaldone)