Mike Biggar è un musicista della provincia canadese di New Brunswick ma la sua ‘bussola musicale’ è inevitabilmente puntata a sud, verso gli States. Country, blues e rock sono le sue grandi passioni che coniuga in maniera solida e spesso ricca di ironia in un ‘live set’ che gli ha riservato un buon successo commerciale in patria e quest’estate anche in America. In studio è naturalmente meno esplosivo ma ugualmente piacevole e divertente, alternando suoni ed influenze e creando un insieme magari non rivoluzionario o originalissimo ma molto godibile e ‘radio friendly’. “Go All In” è il titolo del suo terzo lavoro discografico e probabilmente il suo più personale, pur in presenza di molteplici influenze sonore e arrangiamenti che vanno dall’acustico all’elettrico e fiatistico. “Blood From A Stone” è introduzione grintosa e roca anche se acustica, con un bel ‘tiro’ e un dobro (nelle mani dello straordinario multistrumentista Scott Neubert) veramente ottimo. A seguire un cambio di atmosfere repentino con una title-track tra rock e blues che rimanda a certe cose del suo conterraneo Bryan Adams e fiati che portano direttamente a Memphis. “Can’t Believe It” con il suo giro di chitarra elettrica, il banjo e la melodia subito coinvolgente si avvicina invece al Keith Urban dei tempi con i Ranch, country music con un taglio grintoso e rock, “I Just See You” si posiziona ancora in quei territori tra country e pop tipici di certa scena nashvilliana, “Leaving These Days” è assolutamente deliziosa, soffice e fortemente poetica, una ballata acustica di classe che ricorda il primo Jonathan Edwards (se non ve lo ricordate vi consiglio di ascoltare i suoi primi dischi). Ad elettrificare il suono ci pensa una “Hell And High Water” orgogliosa e accorata, una ballata rock interpretata con grande grinta ed intensità mentre “If It Was Easy” è soul ‘a cinque stelle’, classico e senza tempo con ancora fiati nella tradizione Muscle Shoals. “Playdate” con le sue chitarre elettriche che si intrecciano e si incrociano è di nuovo sulle tracce di Keith Urban in una melodia che lo ricorda da vicino, “Kinda Sad” è invece riflessiva ed acustica, coinvolgente soprattutto per la voce di Mike Biggar, con quel suo ‘arrochire’ i toni, e una pedal steel che, suadente, accarezza. Per congedarsi Mike Biggar sceglie poi una “Love And Insanity” dal sapore e dall’andatura sudista, un’altra ballata da incorniciare per quel suo stare in bilico tra rock e radici soul-blues e “While The Getting’s Good”, country-rock piacevole pur se già sentito. In definitiva un album consigliato per freschezza e per voglia di intrattenere con un buon talento e tanta, tanta onestà. Per ulteriori informazioni il sito di riferimento è www.mikebiggar.com.
(Remo Ricaldone)