Martha Fields, cantante ed autrice legata profondamente alle radici country tra Texas e l’area appalachiana, ha da anni trovato la sua seconda casa in Francia, irresistibilmente attratta da quelle terre come molti suoi illustri conterranei soprattutto in ambito rock e jazz. La sua è una visione musicale profondamente genuina ed autentica, intepretata in modo fresco e sincero e la sua produzione discografica vanta una serie di album di ottima fattura in cui è accompagnata da musicisti d’oltralpe che non fanno rimpiangere i migliori ‘sidemen’ americani e che la supportano anche nei suoi numerosi concerti che toccano spesso anche Belgio ed Olanda. Dotata di notevoli capacità di scrittura e di una inarrestabile ed accattivante verve, Martha Fields anche in questo suo più recente album intitolato “Headed South” tocca le corde giuste e propone una serie di canzoni che rimarranno nel cuore degli appassionati di suoni roots. La canzone che dà il titolo al disco lo apre con quel tocco nostalgico ed evocativo che spesso caratterizza la produzione di Martha Fields e funge da perfetto viatico per un percorso fatto di ottime vibrazioni che prosegue con una “Let The Phoenix Rise” interpretata con convinzione ed echi quasi western e la gustosa “In My Garden” dai toni ‘bluesy’ ed acustici con lo straordinario polistrumentista Manu Bertrand sugli scudi e un bel break di Olivier Leclerc al violino. I profumi sudisti sono pienamente pesenti anche nella successiva “Lavada’s Lounge”, corposa tra country music e cenni boogie, la robusta e ancora pregna di blues “Death Rattle Of Love”, mentre “Hillbilly Babylon” con i suoi sapienti tocchi di dobro e violino evoca la miglior country music dal sapore tradizionale. “Do More Right” segue a ruota con il suo contagioso ‘train time’, ritmo che la rende godibile e inconfondibilmente country con l’aggiunta di umori bluegrass, “Yellow Roses” è invece ballata tenue e delicata, cantata con il cuore, “Souvenir” rimane sospesa in un’altra performance intrigante e dal passo sicuro, “High Shelf Mama” omaggia nuovamente il blues con grinta e sagacia così come la lunga “Bad Boy” per poi terminare con la poesia folk della magnifica “500 Miles” composta nel 1961 da Hedy West e divenuta ben presto uno standard qui rivisitata ottimamente e unita ad una versione in francese intitolata “J’entendes Siffler Le Train”. Disco caldamente e decisamente consigliato. (Remo Ricaldone)