Tramonto di un sabato di inizio primavera in Colorado. Le file davanti alla World Arena di Colorado Springs si fanno sempre più lunghe, ordinate e composte da persone di ogni età e look. Le postazioni mobili delle locali emittenti country sparano musica a raffica ed al diminuire della temperatura l’attesa sale. Puntualissimo, alle 19:00 inizia il concerto di apertura di Aaron Watson. Qualche bella canzone, storie, aneddoti personali e una velata critica ai giovani rampanti colleghi che a suo dire dovrebbero scrivere canzoni facendosi guidare più dal cuore piuttosto che dalle ragazze. Terminato il concerto di Aaron Watson, passano esattamente 20 minuti e le luci si abbassano. Inizia un conto alla rovescia ed al termine la sagoma nera di Alan jackson compare dietro ad un grande telo bianco. Il telo cade sul palco e le note di Good times coprono le urla della folla in delirio. La voce di Alan irrompe perfetta, potente e calda, impressionando il pubblico di Colorado Springs. L’ambiente è quello tipico di un concerto country: confidenziale e con il pregio di mettere a proprio agio.
Ci si trova in una grande arena ma si ha la sensazione di vivere uno spettacolo per pochi intimi. La scaletta si incentra sui brani più famosi, dai primi successi alla più recente e la spettacolare “As She’s Walking Away,” portata al successo in coppia con “Zac Brown”. Durante quest’ultima esibizione non mancano ringraziamenti ed apprezzamenti per l’eclettico e virtuoso cantantautore della Georgia. Tra i momenti più toccanti l’inconfondibile “Country Boy”, l’esecuzione indimenticabile di “Remember When” dove la voce raggiunge una intensità che va ben oltre la versione presente sul CD ed infine un’indimenticabile “Drive” con un introduzione che arriva direttamente al cuore. Immancabile il momento in ricordo dell’11 Settembre con “Where were you (When The World Stopped Turning)”.La World Arena si fa buia, due soli fasci di luce dall’alto illuminano una piccola parte del palco. Alan è seduto da solo con la sua chitarra ed inizia “Where were you”, un silenzio avvolge irreale tutti e ognuno, coi propri pensieri, ritorna a quel giorno di Settembre del 2011. Durante lo show non mancano i brani più vivaci come “Chattahoochee”, “Summertime Blues”, “It’s five o’clock somewhere” in cui, dal pit alle gradinate più alte, i salti e i balli dei presenti scaldano ancor di più l’arena. Con “Where I come from” Alan si diverte prima a mostrare sullo sfondo immagini suggestive di Denver e del Colorado. Gli applausi non si risparmiano e nel momento di maggior entusiasmo compare sul grande schermo il casco dei Broncos. Ovviamente, subito dopo, da fan dei Dallas Cowboys quale è, Alan sbeffeggia i tifosi locali, facendo comparire la gigantografia dei Seahawks (squadra che pochi mesi fa ha battuto sonoramente in finale Superbowl gli idoli di casa).
Qualche “buuu” scontato e inevitabilmente parte dal pubblico ma che si interrompe rapidamente quando sul grande schermo appare la bandiera a Stelle e Strisce. Una bandiera che rappresenta tutti e di cui tutti sentono di far parte. Vedere un concerto di Alan Jackson è una esperienza strepitosa di puro country. Nessun effetto speciale , nessuna scenografia estrema. Alan Jackson ha riempito la World Arena in ogni ordine di posti e durante il concerto ha distribuito al pubblico plettri, ha firmato autografi perfino su capelli e stivali. Ancora una volta Alan Jackson ha dimostrato che nel suo jubox la musica rock non entra: lui continua a suonare la musica country. Genuina, vera e di qualità. Grazie Alan (Fulvia Foresti e Stefano Castellari)