Zephaniah OHora è la dimostrazione lampante di come oggi si possa fare country music fresca, credibile e propositiva anche se non si è nati nel ‘deep south’ e non si abbia nel dna questo retaggio culturale. Zephaniah è infatti cresciuto nel New England e da qualche tempo risiede a New York City dove ha conosciuto i suoni della tradizione e se ne è innamorato perdutamente, ispirandosi ai vari Merle Haggard e Buck Owens tra gli altri. Bakersfield più che Nashville è il suo punto di riferimento e questo suo nuovo, secondo disco intitolato “Listening To The Music” mostra un talento straordinario, sia come autore che come performer, consegnandoci una country music che, pur nel pieno solco della tradizione, suona splendidamente contemporanea anche senza campionamenti o inserimenti pop. Merito anche della produzione del mai troppo compianto Neal Casal (scomparso prematuramente poco dopo la fine di queste sessions) che ha saputo cogliere tutta l’immediatezza e la dinamicità di canzoni che rappresentano la vera essenza di un suono come la country music nelle sua diverse sfaccettature, cosa non scontata viste le proposte attualmente pubblicate da Music City, in gran parte lontane anni luce dallo spirito originario. Steel, chitarre acustiche ed elettriche e fiddle sono profusi con gusto, impeccabilmente inseriti in un contesto decisamente godibile che segue le tracce dei maestri ma che non è mai fine a se stesso. Ballate, uptempo e swing sono bilanciati con cura in una selezione di dodici momenti che non presentano mai debolezze o pause, con “American Singer”, l’apertura affidata a “Heaven’s On The Way” e “Black & Blue”, la morbida title-track in cui la voce e la chitarra acustica fanno emergere tutto il talento interpretativo di Mr. OHora, l’irresistibile swing di “Riding That Train” e “Emily” con un piacevole retrogusto pop ricordando Glen Campbell confermano la bontà di una proposta che merita di essere ascoltata anche dai fan del country-pop di Nashville per ricordare loro da dove si dovrebbe ripartire per dare lustro alla storia di un genere un po’ troppo bistrattato in questi anni. Tra i dischi dell’anno in questo senso. (Remo Ricaldone)