Thom Chacon, nel suo percorso artistico, ha sempre prediletto un linguaggio diretto, essenziale e profondo, spesso attento a tematiche sociali e sempre caratterizzato da uno stile figlio della migliore tradizione dei troubadour folk. Le sue apparizioni sui palchi nostrani degli anni scorsi non hanno fatto che confermare una forte carica umana, evidenziando una voce roca e fortemente espressiva unita ad una scrittura rigorosa e limpida. Il cantautore californiano che da anni ha base a Durango in Colorado esce ora con un album, “Marigolds And Ghosts”, che amplia la rosa delle tematiche affrontate dopo un lavoro intensamente incentrato sulla situazione americana riguardante migrazioni e tensioni sociali come “Blood In The USA”, veicolando un solido messaggio di poesia, politica e rimandi autobiografici. Un disco breve ma intenso, prodotto con rigore da Perry A. Margouleff e con l’aiuto di Tony Garnier al basso e il cammeo di Tyler Nuffer al dobro in un brano. Non ci sono concessioni a facili estetismi o orpelli in queste session registrate con strumentazioni analogiche per cogliere tutta l’immediatezza delle canzoni, qui c’è l’essenza di una canzone d’autore che da’ la precedenza al messaggio e alle emozioni dietro ogni sfumatura delle interpretazioni e dietro ad ogni accordo, anche quello apparentemente più semplice. Insomma quella che si definirebbe la filosofia del ‘less is more’ che magari potrà scontentare chi vorrebbe un abito più ricco strumentalmente ma che a mio parere fa risaltare appieno melodie e performances. La title-track apre in bellezza con la storia di un amico che ha superato le sue dipendenze all’interno di una prigione, un messaggio di speranza e di fiducia mentre l’amore per madre natura è evidente in un altro dei brani migliori dell’album, “Church Of The Great Outdoors”. Ci sono poi due momenti di intensi legami famigliari ed autobiografici come in “Kenneth Avenue” e “Sorrow” (tra l’altro ancora due belle melodie) dedicati idelamente ai genitori, le considerazioni di “Borderland” e “Monsoon Rain” e la limpida bellezza della conclusiva “Angel Eyes” in un susseguirsi di brani incisivi e vibranti pur nella loro ‘dimessa’ veste acustica. Un ulteriore importante tassello in una carriera decisamente importante. (Remo Ricaldone)