Dopo i problemi di salute che ne avevano rallentato la carriera, sembra che Steve Forbert negli ultimi due anni si sia ripreso e abbia riscoperto il gusto di fare musica e di raccontarsi attraverso un libro autobiografico, “Big City Cat: My Life in Folk-Rock” pubblicato nel 2018, un album di brani originali, il buon “The Magic Tree” dello stesso anno e ora una serie di cover in questo per certi versi sorprendente “Early Morning Rain” in uscita a maggio 2020. Era capitato nel 2002 che il cantante di Meridian, Mississippi riprendesse materiale altrui, celebrando un suo illustre conterraneo come Jimmie Rodgers nel riuscito “Any Old Time” ma qui Mr. Forbert riassume un po’ tutte le sue influenze in una selezione quantomai variegata e tutto sommato riuscita per convinzione, gusto e approccio. Non tutto naturalmente è allo stesso livello, ci sono un paio di cose in cui il nostro non si trova così a suo agio ma nel complesso la sua inconfondibile voce, arrangiamenti pregnanti e la maturità e la sicurezza interpretativa rendono molti momenti decisamente godibili. Citando le canzoni che contribuiscono alla riuscita del disco ci sono l’iniziale title-track firmata da Gordon Lightfoot al quale Forbert riserva il giusto trattamento rivestendola di un’aura country perfetta, una “Box Of Rain”, splendida melodia dei Grateful Dead da “American Beauty”, che mantiene tutto il suo fascino roots, “Withered And Died”, gioiello della produzione di Richard Thompson qui rivisitata come fosse una bella country song, il classico di Ian Tyson “Someday Soon”, “Pick Me Up On Your Way Down” di Harlan Howard, “Frankie & Johnny”, classico qui ripreso con inflessioni ‘bluesy’ e la notevole cover di “Good Time Charlie’s Got The Blues” di Danny O’Keefe, uno dei punti più alti del disco. Più complicato è certamente rivedere melodie come “Your Song” di Elton John e “Suzanne” di Leonard Cohen senza ricadere nello scontato e qui Steve Forbert non sembra avere nelle corde questi classici e si limita ad un compitino abbastanza scontato. Decisamente sorprendente è “Supersonic Rocketship” dei Kinks (era sul loro ottimo “Everybody’s In Show Biz”), qui riletta in modo discreto mentre a chiudere l’album è stata scelta “Dignity” di Bob Dylan, un modo significativo di rendere omaggio ad una voce e ad un personaggio al quale Steve Forbert deve tantissimo in fatto di ispirazione. (Remo Ricaldone)