Il fascino del Wyoming di fine ‘800 fiorisce ai piedi della Bighorn Mountain, dove il Tongue River accompagna le vite dei protagonisti nella quotidiana verità, fatta di paesaggi suggestivi, di una spiritualità vicina a quella Nativo Americana, e della inevitabile battaglia per difendere il proprio mondo da chi lo minaccia per avidità e per l’avazare di una macchina vorace, chiamata progresso. Una macchina fatta di persone senza scrupoli e di ideali infranti, ma forse non potente quanto la tenacia di uomini e donne disposti a cedere alla corrente del Fiume frammenti di passsato pur di costruire un equilibrio nuovo in cui non si rinunci ai valori di una vita dedicata alla famiglia, alla terra, all’amore profondo ed ancestrale per un mondo che vive e si muove nel fascino del country di fine secolo.
Nei racconti evocativi di luoghi pieni di suggestione, dove il cavallo assume una valenza speciale e la tradizione cheyenne suggerisce spunti vagamente spirituali, la natura umana dei protagonisti si rivela tra le pieghe di una trama in cui nascita e morte, amore e perdita, coraggio e vendetta si intrecciano, ed il romanzo prende vita autonomamente, facendo dimenticare il fatto di essere nato come seguito di “All’Ombra della Luna Nuova”. Il libro si sviluppa infatti in modo totalmente autonomo, rendendo superflua la lettura del libro precedente che costituisce un antefatto assorbito quasi completamente nella trama di “Dove il Fiume incontra la Montagna”
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