11281830_10207169394859904_1158065139_nIl nostro inviato speciale in Tennessee Federock, ci racconta in varie puntate il viaggio di un duo country italiano (con Marta Innocenti, sono i 12n-twelvenotes) giunto nel profondo Sud degli Stati Uniti per suonare la loro musica nei locali di Nashville e alla Fan Fair

Mentre Hunter Hayes è a Vicenza, per la USO, a Camp Ederle, il vostro Federock il 19 maggio si trova alla Grand Ole Opry. Anche per noi qui a Nashville è un appuntamento particolare. La serata si chiama “Salute the Troops-Benefitting the U.S.O. and Musicorps”, ed è dedicata alla US Army, alle loro famiglie, ai veterani e ai reduci. Musicorps in particolare è un programma riabilitativo che aiuta i reduci a tornare ad una vita normale grazie all’ausilio della musica. L’evento di questa sera inizia prima del solito, verso le 18. All’ingresso della Opry, un red carpet con tanto di banda militare e con gli artisti che attendono e salutano uno ad uno i militari invitati e i loro famigliari. Tra gli altri spicca il cappello nero di Trace Adkins che, circondato da centinaia di fan e pubblico, guarda negli occhi Marta al mio fianco e la saluta con la mano sorridendo (vecchio volpone). Entriamo e anche se non siamo riusciti ad avere biglietti vip (la maggior parte della platea era riservata, giustamente, a coloro ai quali era dedicata la serata) l’Opry è studiata in modo tale da rendere perfetta la visuale per ognuno dei 4400 presenti. Dopo il video sui maxischermi in cui Carrie Underwood racconta la storia del teatro in cui siamo seduti, nel modo più orgoglioso e americano possibile, si alza il velluto rosso e il presentatore da il via al programma. Due enormi insegne con scritto “On Air” indicano al pubblico che siamo in onda, sulla AM come da 90 anni a questa parte e su internet. L’onore di aprire è affidato a John Conlee, che dopo due suoi classici, commuove con “They Also Serve” dedicato alle compagne dei militari in servizio e si prende il primo grande applauso della serata. Inutile dire che la Opry, il tempio del country in una città chiamata Music City, è il luogo perfetto per la musica dal vivo e tutto è come ogni spettatore e ogni artista si sogna.
11348893_10207169395339916_367230034_nDopo Conlee e la volta di Craig Morgan. Veterano della US Army, attivo nel programma USO, Craig suona spesso per i soldati in giro per il mondo. Un grande artista, un grande uomo, con un cuore enorme e una presenza scenica non indifferente. Conosce perfettamente le problematiche dei militari ed è perfetto per la serata. Dopo la hit “That’s What Love About Sunday”, top billboard country song 2005, è la volta della godibile “Country Side of Heaven” che fa cantare tutto il pubblico. Dopo tocca alla bellissima e azzeccata “If Not Me”, vera canzone per il Veteran’s Day. Interpretata in modo magistrale riesce a commuovere persino me. ”Cambio palco” a tempo di record ed è la volta di Larry Gatlin e dei mitici Gatlin Brothers. Inizio con la corale “All The Gold In California” e poi, al termine, Larry si arrotola le maniche e racconta il suo punto di vista sul terrorismo con “An American with a Remington”. Non facciamo in tempo a renderci conto di aver visto un pezzo di storia della musica Americana che immediatamente arriva un “due metri di cinquantenne dalla Louisiana”. Mr Trace Adkins parte alla grande con un un pezzo che ha quasi 20 anni, intitolato Big Time. Ottimo per rilassarsi e ascoltare i due chitarristi, uno armato di telecaster e l’altro… beh l’altro è Brent Mason e il nome basta e avanza. Arriva anche per Adkins il momento di ringraziare e la sua voce inconfondibilmente bassa si “rompe” solo al secondo ritornello di “Arlington” quando si commuove veramente. Conclude con “Ladies Love Country Boys” con la corista che risponde “yes we do”. Segue una band formata da veri reduci che portano addosso i terribili segni della guerra.11276189_10207169395019908_471633167_nGiovani e bravi davvero i MusiCorps Wounded Warrior Band cantano “Wide River to Cross” “Wagon Wheel” e infine l’Inno Americano. Ovviamente un momento di profonda commozione. Arriva così la volta di Vince Gill. Entra con gran classe e con una vecchia gibson j-200. Con un sussurro di voce e chitarra incanta tutti con “When I Call Your Name”. Grandissimo performer e pietra miliare del genere, abbraccia metaforicamente tutti i 4400 presenti con un Thank you e con la bellissima “Go Rest High On That Mountain”. Come in tutti i “round” e gli show all’Opry, c’è spazio per anche per momenti più leggeri. Molto brava Kellie Pickler con le moderne “No Cure for Crazy” e “Red High Heels”. Interpretazione impeccabile, intonazione perfetta e bella presenza scenica (bionda con stivali e maglietta pro marines). Chiude lo show il veterano dell’Opry, Lee Greenwood che riprende “Stars and Stripes and the Eagle Fly” di Aaron Tippin, e conclude la serata in maniera ovviamente patriottica con “A Hero’s Walk” e “God Bless the Usa”. Una grande serata, ricca di emozione anche per un Italiano. Alla prossima… stay tuned!!! (Federock)