Tra i cantautori americani che si sono affacciati sulla scena roots negli ultimi anni un posto di rilievo lo occupa certamente Thom Chacon, genuino osservatore della società USA e sempre attento a cogliere l’aspetto umano e sociale delle storie trattate, ricco di sensibilità e di profondità poetica. Voce leggermente ‘abrasiva’ e buon stile chitarristico, Thom ha raccolto un’eredità importante ponendo in primo piano la purezza delle melodie e la sincerità delle tematiche in perfetta sintonia con le generazioni di folk singers che lo hanno preceduto e ne hanno tracciato la strada. Nel nostro Paese ha ricevuto elogi più che meritati dalla critica e ha avuto la possibilitàdi esibirsi più volte dal vivo, dimostrando tutto il suo talento e la sua grande carica umana. Noi di Planetcountry in passato avevamo parlato di lui in occasione di un suo concerto al Folk Club di Torino e ora lo abbiamo raggiunto nella sua casa di Durango, Colorado e gli abbiamo posto alcune domande proprio poco prima della pubblicazione del suo nuovo disco….

D. Thom, in Italia sei discretamente noto per avere suonato più volte dal vivo…potresti comunque presentarti al pubblico che ancora non ti conosce?

R. Ok, ho cominciato a suonare con una mia band durante gli anni delle scuole superiori a Sacramento in California, suonavamo alle feste e ai raduni di scuola…bei ricordi…questo portò ad esibirci nei bar e nei club ben prima che compissi i 21 anni. Poi mi trasferii a Los Angeles dove continuai a fare concerti e anche a registrare musica. Qui è dove mi feci le ossa e dove imparai a scrivere. Nel 2006 mi spostai a Durango in Colorado, il luogo dove mi sono sentito libero di scrivere con il cuore. Cominciai poco dopo a fare concerti anche in Europa e fortunatamente ho trovato la strada che mi ha portato in Italia!

D. Nel prossimo mese di marzo pubblicherai un nuovo disco, ce ne puoi parlare?

R. Il mio nuovo disco, “Marigolds And Ghosts” ha una maggiore ampiezza di tematiche rispetto al precedente “Blood In The USA” del 2018. Questo è più personale…la title-track parla di un caro amico che si è disintossicato in prigione, “Kenneth Avenue” è uno sguardo al divorzio dei miei genitori quando io avevo 18 anni. Io sono cristiano e questo fatto ebbe (e ha tuttora) un grosso impatto sulla mia vita. “Sorrow” parla ancora dei miei genitori e della loro fede cristiana e “Church Of The Great Outdoors” riguarda l’amore di mia madre per la natura.

D. Sei spesso stato sensibile alle problematiche riguardanti migranti e rifugiati, naturalmente riguardanti la situazione negli States…quali sono le tue opinioni su questi ultimi anni e quali sono le tue aspettative per il futuro?

R. Non posso fare a meno di scrivere di quello che accade nel mondo. Tendo a scrivere di ciò che mi tiene sveglio la notte. Sono nato a poche miglia dal confine col Messico, a Chula Vista in California, mio padre spesso mi portava dall’altra parte del confine, a Tijuana e queste esperienze mi sono rimaste dentro. Ho scritto “Borderland” come risposta alla chiamata di Neil Young all’impegno circa la situazione dei bambini dei migranti lungo il confine tra Stati Uniti e Messico nel 2018. Come in molte parti del mondo questi ultimi anni sono stati duri qui in America. Circa il problema dell’immigrazione dal nostro confine meridionale penso (e spero) che le cose miglioreranno con la nuova amministrazione. Spero per il futuro…

D. Quali sono i musicisti che attualmente apprezzi di più? Ci sono dei colleghi con i quali ti piacerebbe collaborare?

R. Ce ne sono molti, per citarne alcuni Mary Gauthier, Jono Manson, Bruce Springsteen, Angel Snow, Malcolm Holcombe e ho amato molto Blind Willie McTell…spariamola grossa e dico che mi piacerebbe tantissimo collaborare con Bob Dylan!

D. A causa della pandemia lo scorso anno i tuoi annunciati concerti italiani sono saltati…l’attesa era grande e tutti noi speriamo di vederti presto sui nostri palchi…vuoi fare un ultimo saluto ai tuoi fans italiani?

R. Tornerò! Presto! Spero..ero veramente giù per aver dovuto cancellare il tour italiano lo scorso marzo, chi avrebbe potuto immaginare che ci sarebbe stata una pandemia mondiale. Sto discutendo con il mio agente in Italia Andrea (Parodi, ndr) circa la possibilità di fissare nuovamente quelle date di un anno fa più qualcun’altra per l’estate o l’autunno…ai miei amici in Italia un grosso grazie per il continuo supporto alla mia musica, state al sicuro e a rivederci presto!

(Remo Ricaldone)