Già dalla copertina e dal titolo sono chiari i riferimenti e le ispirazioni di questo disco, conditi da un buona dose di ironia ma anche da una passione profonda che nel corso di queste canzoni emerge in maniera nitida. Mike Jacoby è musicista dalla buona esperienza tra rock’n’roll e country music, ha guidato per anni una band che ha girato in lungo ed in largo la California  portando la propria visione di alternative country e da qualche tempo si è concentrato su produzioni soliste in cui ha la più ampia libertà d’azione. Produzione, composizione e strumenti qui sono tutti suoi ed il cantante/chitarrista/autore di Long Beach condensa il suo amore per certo rock inglese (Clash ed il loro iconico “London Calling”, naturalmente, ma anche Rolling Stones e a mio parere anche certe cose dei KInks) e quello per la musica americana tra country e rock inevitabilmente conditi da sensibilità westcoastiana per uso delle armonie vocali e per una limpida ricerca melodica tipica di quelle zone. “Long Beach Calling” è quindi un album estremamente godibile, chiaramente non rivoluzionario ma spesso con guizzi importanti che lo rendono prodotto da tenere in considerazione. Le tematiche sono le più varie e i racconti di rapporti personali che si spezzano, malinconie e speranze, personaggi assolutamente bizzarri, morte e grande umorismo si inseriscono in un sound fresco e chitarristico figlio delle innumerevoli influenze ricevute da Mike Jacoby. Apre la title-track “Long Beach Calling” tra rockabilly e pulsioni ‘punk’ naturalmente smussate dal caldo sole californiano e si prosegue in un’alternanza di riferimenti e di ‘agganci’ che passano da “Play Like Richards” (il cui titolo è ispirato da “Move Like Jagger” dei Maroon 5!!!) a “Here And Now” che ripassa la lezione alt-country di Long Ryders e Green On Red, dalla country music un po’ naif di “Pine Box” a “Your Love Song” altro momento legato alla country music con una bella chitarra ‘twang’ ad aprire le danze. Ancora brani come “Know Right Away”, pregevole ballata rock che deve molto alle band citate in precedenza, “Smile” e la conclusiva “Long Live The King” aggiungono un tocco in più ad un disco molto divertente. (Remo Ricaldone)