Ancora un grande disco per il vecchio caro Merle Haggard, una delle icone della country music ancora in circolazione. “Working In Tennessee” ce lo riconsegna in forma ed ispirato, alle prese con un repertorio di valore e con arrangiamenti semplici ed efficaci che fanno risaltare la sua buona vena. Quasi tutto il repertorio è firmato da ‘Hag’, segno evidente di quanto buona parte delle attuali ‘nuove leve’ nashvilliane abbiano ancora da imparare dal vecchio leone. “Working In Tennessee” si apre con una brillante title-track dalle tonalità western swing, un vero gioiellino. “Down On The Houseboat” è autobiografica e delicatamente caraibica mentre la seguente “Cocaine Blues” è una delle due cover presenti, una frizzante country song che lascia il segno. “What I Hate” è un altro piccolo capolavoro del disco, una amara ballata acustica che affascina per melodia e coinvolgimento. Il segreto della classe e della bravura di Merle Haggard sta nel ricercare sempre semplicità, onestà e genuinità, caratteristiche peculiari che non dovrebbero mai mancare in un disco di country music e che troppo spesso vengono dimenticate in nome di una presunta modernità. “Sometimes I Dream” è una ballad scorrevole e significativa in questo senso, avvolgente e calda. “Under The Bridge” e “Too Much Boogie Woogie”, in maniera diversa, fanno rivivere una country music che ha le proprie radici nel suono asciutto ed efficace degli anni sessanta e settanta, naturalmente al di fuori di Nashville, città con la quale Merle Haggard ha avuto più di un contrasto. Anche “Truck Driver’s Blues” è su questa falsariga e ci racconta una volta ancora la vita dei truck drivers mentre “Laugh It Off” è più nella norma ma con un’altra performance di grande esperienza. Chiudono l’album due classici: “Workin’ Man Blues”, una ripresa dal proprio vecchio repertorio che ancora risulta notevole, con le presenze di Willie Nelson e del figlio Ben Haggard, e “Jackson” da quello di Johnny Cash, con un duetto che vede la coppia Merle e Theresa Haggard. In definitiva un disco che il settantaquattrenne ‘okie’ trasferitosi a suo tempo in California ha confezionato con sagacia e inalterato amore per la grande Musica Americana. (Remo Ricaldone)