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Per sintetizzare lo spirito che ha da sempre contraddistinto la personalità musicale di Marty Stuart c’è una delle frasi più famose dell’artista di Philadelphia, Mississippi classe 1958: “Today the most outlaw thing you can possibly do in Nashville, is to play country music”, mantenendone forte il senso grazie alla lingua inglese. Ecco, questa frase racchiude lo spirito genuino e sincero di un personaggio che oggi rappresenta una delle ‘pietre angolari’ di uno suono fortemente radicato nel suolo americano e in cui, ciclicamente, si sono alternate ondate progressiste e ‘revisioniste’. Marty Stuart ha dalla sua un’intelligenza e una sensibilità fuori dal comune, la capacità di guardare indietro alle proprie radici ma anche di sperimentare e mischiare diverse culture, dal folk al gospel, dal rock al blues, partendo dalla passione per la musica bluegrass che lo ha fatto crescere come uomo e come musicista. Proprio da questi suoni, dall’intuizione del grande mandolinista Roland White, nei primi anni settanta membro della band di Lester Flatt, i Nashville Grass, che Marty Stuart parte, appena quattordicenne (e dopo due anni con la Sullivan Family, altra bluegrass band) con una carriera che gli riserverà subito grandi soddisfazioni, avvicinandolo ai grandi del genere bluegrass e poi country. Altra figura fondamentale è stata certamente quella di Johnny Cash (con il quale per qualche anno Marty ebbe anche uno stretto legame di parentela avendo sposato la figlia del Man in Black, Cindy) con cui ha suonato per un certo periodo e a cui, in tempi più recenti, si è ispirato interessandosi come fu per Cash ai suoni e alla cultura dei ‘native americans’Martystuart-fls e alle radici del gospel con due splendidi dischi come “Badlands – Ballads Of The Lakota” e “Soul’s Chapel” rispettivamente. Genuino e sempre credibile, Marty Stuart ha saputo recepire e trasmettere, nel corso di una carriera discografica solista iniziata ufficialmente nei primi anni novanta dopo un paio di album bluegrass discreti nella precedente decade e una buona carriera come ‘sideman’, la più vera essenza della country music, in quell’incredibilmente ispirato ‘melting pot’ sudista che ha visto fianco a fianco culture diverse da cui prendere spunto. Look spesso bizzarro e kitsch ispirato alle grandi firme della moda country come Manuel Cuevas, oggi il più apprezzato tra gli stilisti del genere con atelier a Los Angeles e Nashville, Marty Stuart ha messo in mostra soprattutto uno stile chitarristico decisamente brillante ed originale, bandendo ogni forma di virtuosismo fine a se stesso e arricchendo con splendidi ‘abbellimenti’ un pickin’ già solido e corposo, non dimenticando il suo originale approccio mandolinistico, sempre decisamente ricco ed interessante. I Fabulous Superlatives, con una buona dose di ironia ma non distanti dalla realtà, sono ormai da anni la sua backing band, la sua garanzia per un supporto stabile e al tempo stesso stimolante, con un chitarrista strabiliante come Kenny Vaughn al fianco. In un periodo in cui, tra talent show e ‘youtubers’, certa country music rischia di svilire il proprio significato in favore di tematiche banali indirizzate ai teenagers e sonorità ripetitive e troppo spesso ‘usa e getta’, l’importanza di avere preziosi riferimenti sonori è più che mai fondamentale, soprattutto visto che il passare del tempo ci priva di icone come Johnny Cash, Merle Haggard, George Jones, Buck Owens, Earl Scruggs e molti altri. La lezione di Marty Stuart e il suo esempio sono e saranno garanzia di continuità e anche di rinnovamento nel solco della tradizione per un movimento, quello della musica di estrazione ‘roots’, sempre bisognoso di stimoli e di innovazione.(Remo Ricaldone)