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“Tempus edax rerum” dicevano i latini e purtroppo siamo arrivati anche a Domenica 12 Marzo, l’ultima giornata del C2C edizione 2017. Le considerazioni le faremo domani, oggi è il giorno di Zac Brown. In realtà vi saranno, nel corso della giornata, altri grandi concerti, in particolare quello di Marty Stuart, ma è il singer di Dahlonega GA a catalizzare l’attenzione di tutti. Alle 16,30 il palco dell’O2 Arena si illumina e parte lo show dei Brothers Osborne. I fratelli del Maryland spesso vengono erroneamente etichettati come pop ma in realtà hanno un sound che assomiglia più a quello di Cody Jinks piuttosto che a quello del Nashville mainstream. Sono bravi, country quanto basta e live hanno una grande energia. Promossi senza riserva. Chi invece mi ha deluso è stata Maren Morris. Ovviamente parlo a titolo personale, anche perché invece il pubblico del C2C le ha tributato una marea di applausi, ma la giovane Texana ha proposto, a mio avviso, un repertorio piuttosto piatto, privo di slancio e decisamente anonimo. My Church è un capolavoro ma è davvero troppo poco per far decollare l’intero concerto. Alle 19,00 sale in cattedra il professor Marty Stuart per tenere una lezione su cosa sia la country music e su come bisogna sentirla e interpretarla. Accompagnato dai suoi Fabulous Superlatives (Kenny Vaughan -lead and acoustic guitar-, Harry Stinson-drums and background vocals- e Paul Martin-bass and background vocals-) Stuart apre con I Know You Rider e il pubblico è tutto suo. Lui, oltre ad essere un cantante estremamente dotato, è anche uno strumentista poliedrico e i Fabulous, oltre a suonare in maniera divina, cantano pure benissimo. Country Boy Rock And Roll, The Whiskey Ain’t Working sono solo un assaggio di quello che verrà. Alcuni brani, tratti dal nuovo, incredibile cd Way Out West ( Mojave, Old Mexico, Whole Lotta Highway)
SCP_9100e poi si scatena tutta la classe, il mestiere ed il talento del cantante nato a Philadelphia nel 1958. Una lezione, dicevamo, fatta con le 7 note, sulla storia della musica country Americana. Prima El Paso di Marty Robbins cantata a più voci, poi Pretty Boy Floyd di Woody Guthrie e infine una indiavolata Orange Blossom Special. Lo show termina con Time Don’t Wait e i 20.000 circa dell’O2 Arena sono tutti in piedi per una standin’ ovation infinita. Dopo una performace così infuocata, così viscerale nessun altro artista avrebbe l’audacia di salire sul palco e riaprire lo show. Nessuno…..tranne Zac Brown. Zac è un alieno tanto è bravo. Non è verde ma è un alieno. Sembra addirittura, ma qui il condizionale è d’obbligo, che quando nel 2 luglio del 1947 a Roswell nel New Mexico catturarono un alieno, sulla sua astronave i militari trovarono anche un cd di Zac Brown, questo a testimonianza della sua provenienza. Inoltre ha davvero del coraggio. Venire a Londra ad interpretare Bohemian Rhapsody dei Queen o sei matto oppure….. sei Zac Brown. Una scaletta galattica ( d’altronde lui è un alieno). Si parte con Homegrown e poi As She’s Walking Away e Whiskey’s Gone. Un intro del genere stenderebbe chiunque ma Zac insiste e via una cover di The Devil Went Down To Georgia seguita da Goodbye in Her Eyes, My Old Man, e appunto Bohemian Rhapsody. Poi Toes più un paio brani fino ad arrivare a Baba O’Riley. Oltre ai Queen mi sembra saggio interpretare nella capitale Inglese anche The Who. Ancora 3 brani (Free/into the mystic, Tomorrow Never Comes, Colder Weather) e chiusura con Jump Right In. Ovviamente mancano i bis e Zac, giusto per non farsi mancare nulla, apre gli encores con un brano dei Metallica (Enter Sandman) per poi concludere con Beautiful Drug e, naturalmente, Chicken Fried. Uno spettacolo del genere è un pò come l’avvistamento di un UFO, dopo un primo momento di stupore ti chiedi se è successo davvero o se invece hai solo sognato (d’altronde lui è un alieno). (Gianluca Sitta)