L’Olanda è stata spesso crocevia e passaggio per i migliori musicisti americani nei loro tour europei e questo ha lasciato il segno su una scena che ha presentato ottimi esempi in particolar modo in ambito roots. Nella prima metà degli anni settanta c’è stata una stagione d’oro specialmente per il country-rock e nei Pesi Bassi sono transitati Byrds, Flying Burrito Brothers, Manassas e un po’ tutto il meglio tra coloro che hanno unito rock e radici con sagacia e forza interpretativa. Leo Koster è tra coloro che hanno meglio messo a frutto quella lezione mettendo a punto una solida e dinamica band che gli ha permesso di maturare moltissimo come autore e di presentare un suono fresco e vibrante figlio della più classica tradizione country, folk e rock. Nel suo nuovo lavoro intitolato “Rickies Till dawn” viene sublimato tutto il suo amore per i Buffalo Springfield, per le band citate in precedenza ma anche per certe cose di Tom Petty, dei Brinsley Schwarz, degli Eggs Over Easy, di Dave Edmunds e per coloro che da entrambi i lati dell’Atlantico hanno dato vita alle più cristalline pagine del (roots)rock americano. Quello che colpisce maggiormente è il suono, attraverso cui emerge l’impressionante serie di chitarre il cui suono ‘vintage’ da’ agli arrangiamenti quel tocco trascinante ed affascinante. Le Rickenbackers a dodici corde (le “Rickies” del titolo), le Gretsch, le Fender Stratocaster con l’inconfondibile e straordinario Stringbender, particolare sistema di ‘piegature’ delle corde divenuto marchio di fabbrica per l’indimenticato Clarence White e per i suoi epigoni negli anni a venire, le Les Paul formano così un godibilissimo piccolo ‘wall of sound’ che caratterizza le dodici canzoni (tutte originali) che Leo Koster e i suoi pards ci presentano. Non ci sono veri hits in questo disco ma tutti i brani si intersecano a formare un insieme coeso, con il prezioso ‘backup’ in alcuni momenti di una bella serie di Nashville Cats come Lloyd Green alla pedal steel, Charlie McCoy al basso, Brent Mason alle chitarre e Bobby Ogdne alle tastiere nella parte delle sessions incise nella Music City. Un disco divertente e divertito questo di Leo Koster e della sua band a confermare doti eccellenti e soprattutto il profondo amore e rispetto per un periodo fertile della musica americana delle radici. (Remo Ricaldone)