Giocò con i vocalizzi con estro sinuoso e innovativo, lasciando che fossero le sensazioni a comunicare tanto quanto la lingua. Così rivoluzionò la musica country, con un gusto poetico originalissimo, destinato ad influenzare gente come Merle Haggard, Willie Nelson e George Jones.

Lefty Frizzell nacque a Corsicana, il 31 marzo 1928, da Naamon e A.D. Frizzell, battezzato William Orville. Impugnò la chitarra da bambino, nel piccolo alloggio messo sottosopra dai suoi sei fratelli, e imparò a suonarla strimpellando e canticchiando il rilassante yodel country di Jimmie Rodgers. Trascorse in Texas una parte della sua adolescenza, tra schiamazzi e noie, scandendo note, improvvisando gorgheggi e modulazioni della voce. S’esercitava e si divertiva, sciogliendo le sue dita sulla tastiera della chitarra, giorno dopo giorno, per conquistare elasticità e tatto. A dieci anni si mise a suonare per i suoi amici, a dodici aveva uno spazio in un programma radiofonico per bambini. Si esibiva pure in qualche locale e, non di rado, quelle stesse dita, capaci di dare vita a melodie trascinanti, finivano col serrarsi e farsi pietre in tiri di sinistro in grado d’abbattere anche ceffi più grossi di lui. Così si guadagnò i primi guai con le autorità, scolastiche anzitutto, poi anche statali, e con esse arrivò il nomignolo che non l’avrebbe più abbandonato: Lefty.

Con la musica era bravo, esaltante, ironico, magnetico, ma emergere dai bassifondi del Texas, in quella gazzarra di famiglie in povertà, con più figli che dollari in tasca, non era semplice. Sembrava destinato a percorrere le orme paterne, a lavorare come operaio in un giacimento petrolifero, ma si ribellò e, chitarra in spalla, prese a girovagare tra le stazioni radio e i nightclub di New Mexico, Louisiana ed Arkansas, passando da ritrovi clandestini a balli in fienile e feste in ranch. Ovunque si circondava di musicisti virtuosi, tra cui il pianista Madge Suttee, mettendo in piedi ensembles fatti apposta per smuovere le sale da ballo coi ritmi più travolgenti dell’epoca. Suonava, incantava le platee, svuotava bottiglie di whiskey e si ritrovava nei guai, sistematicamente a muso duro con la legge. I quaranta o cinquanta dollari che guadagnava sul palco evaporavano in poche convulse ore di baldoria. Il suo carattere rissoso e turbolento era l’aspetto complementare di quel suo estro creativo e fulminante. Era un chitarrista talentuoso e amato, ma pure intrattabile cacciatore di guai, un’artista ancipite, istrionico e solare quanto votato all’autodistruzione. I suoi soldi li spendeva in auto da corsa e in donne ancora più veloci, l’abuso d’alcol era quotidiano. Fu pure condannato a sei mesi di prigione nella contea di Chaves per aver fatto sesso con una quattordicenne, lui diciannovenne, e da allora conobbe più volte il carcere. Le sue abilità, però, erano indiscusse e scrisse testi per diversi artisti.

Il talent scout Jim Beck lo scovò nel night “Ace of Clubs” di Big Spring, Texas, e gli procurò un contratto con la Columbia Records di Nashville. In quegli anni, la scena musicale country attendeva qualcosa di nuovo, una rigenerazione, un risveglio. Stava attraversando una transizione difficile, anche indolente, superando il western swing alla Bob Wills per aprirsi allo stile più ruvido dei territori del South West, e Lefty era ciò che ci voleva.

In pochi mesi si ritrovò nella hit parade country con un disco che conteneva, sul lato A, il vivace honky tonk di “If You Got the Money (I’ve Got the Time)”, canzone composta inizialmente per Little Jimmy Dickens, e sul lato B “I Love You a Thousand Ways”, un testo dedicato alla moglie Alice Harper, sposata nel 1945 in Oklahoma, e scritto durante la sua carcerazione, come struggente richiesta di perdono. “Tesoro per favore aspetta… finché non sarò libero… Ci sarà un cambiamento, un grande cambiamento fatto in me”, recitò con animo distrutto, ma non bastò quella canzone a proteggere un matrimonio reso fragile dalla sua lontananza, dall’alcol, dalle scappatelle, dagli eccessi, da un’attività artistica frenetica.

La notorietà di Frizzell salì alle stelle e nel 1951, caso unico nella storia, ebbe contemporaneamente ben quattro canzoni nella Top Ten. Col suo originalissimo stile di canto, che lasciava riverberare le sillabe in fraseggi non convenzionali, Lefty riusciva a modellare testi semplici e immediati con espressioni di suggestioni e sentimenti. Scomponeva le parole, lambendo il blues in vivaci ed intime sfumature twangy, grazie alle quali si mostrava capace di coinvolgere emotivamente gli ascoltatori. Così in “Always Late With Your Kisses”, pubblicata nel 1951, la parola “always” divenne “alw-ay-ays”, assumendo una piacevolezza di cui era priva ed una intensità immaginativa d’effetto. A quanto pare, a differenza del suo rivale Hank Williams che aveva forgiato il suo stile suonando in turbolenti club privi di amplificazione, Frizzell aveva sempre usato il microfono e ciò gli aveva permesso di rilassare la gola in un’impronta più calda e gentile, senza alcuna tensione. I due fecero una tournée insieme registrando sempre il tutto esaurito e consolidando la loro amicizia.

Quello stesso anno Frizzell divenne membro del Grand Ole Opry nel 1951, poi si dedicò a commercializzare la sua immagine con programmi televisivi come “Town Hall Party”. Non fu una scelta errata. Davanti alle telecamere, con la sua Gibson J-200 modificata, divertiva e si divertiva. Alla fine del 1953, era entrato nella Top Ten non meno di quindici volte. Cantava come un angelo, piegava le note su più ottave, decostruiva i vocaboli in un melisma dolcissimo, ma viveva come un diavolo, nel lusso, nella decadenza, con i suoi vestiti appariscenti e un debole per il whiskey e le donne. Nashville, intanto, iniziava ad essere sconvolta dal rock and roll, aveva accettato le chitarre elettriche, puntava ancora a cambiare, ad inseguire il nuovo, ma Frizzell continuò sulla sua strada, col suo stile, la sua poesia, consapevole di marginalizzarsi.

Alla fine degli Anni Cinquanta registrò una canzone scritta da Danny Dill e Marijohn Wilkin, “The Long Black Veil”, voce di un uomo morto per aver scelto di venire giustiziato per omicidio piuttosto che ammettere di essere stato a letto con la moglie del suo migliore amico mentre il delitto veniva commesso. La vicenda era raccontata dal punto di vista di un uomo morto, invece nel ritornello subentrava l’immagine d’una donna dal lungo velo nero, in visita alla tomba dell’amante. Con pezzi come questo, Frizzell si fece narratore di una sensibilità profonda, tormentata ma idillica e sognante.

Tornò a Nashville, incoraggiato da quel nuovo successo, eppure il suo stile continuava a mal conformarsi agli orientamenti, ora “countrypolitan”, dell’industria discografica. Frizzell tenne duro e non smise di registrare. L’ultimo grande successo arrivò nel 1964, con “Saginaw, Michigan”, una delicata poesia che narrava di un povero figlio di pescatori che, per ottenere in sposa la ragazza che ama, finiva a cercare oro in Alaska e, avuto successo, sceglieva di cedere la proprietà della ricca miniera al suo avido suocero, preferendo vivere felice con la donna amata a Saginaw. Ancora una volta Frizzell diede voce ad una dolce fantasia, il vagheggiamento di un amore vero e di una vita semplice.

Entrò in contrasto con la Columbia, riteneva di non essere adeguatamente supportato e passò alla ABC Records, ma il suo vero problema era l’alcol. Quell’orribile nemico, insieme ad una malcurata ipertensione arteriosa, ormai limitava le sue capacità di esibirsi. Aveva solo 47 anni quando morì, il 19 luglio del 1975, a Nashville. Si era svegliato subito dopo mezzanotte, sul pavimento di casa, in una pozza di vomito. Si era rialzato a fatica, scoprendosi col braccio sinistro paralizzato. Aveva preso il telefono ed aveva chiamato sua figlia Lois. Prima che raggiungesse il pronto soccorso, era stato colto da un secondo ictus. Entrato in coma, spirò.

Nel 1982 fu inserito nella Country Music Hall of Fame e divenne la prima star della country musica ad avere il suo nome incastonato in una delle stelle della Hollywood Walk of Fame. ( Angelo D’Ambra)