La condizione di isolamento provocata dalla pandemia ha inevitabilmente obbligato i musicisti a riflessioni e spesso a considerazioni che hanno segnato la loro produzione. Così è avvenuto per la musicista, cantante, autrice, chitarrista e banjoista canadese Kate Weekes che ha però avuto la fortuna di passare quei mesi di ‘reclusione’ nelle colline e nelle foreste del Quebec dove ha concepito le canzoni che sono finite nel suo quarto disco intitolato “Better Days Ahead”, un viaggio immaginifico che ha avuto come tratto ispirativo le bellezze della natura, fonte di ottimismo e speranza. Con la sua voce limpida Kate Weekes ha guidato un composito manipolo di collaboratori che con le loro strumentazioni a volte originali ed ‘esotiche’ hanno fatto da corona a melodie spesso vicine alla tradizione appalachiana, alle filastrocche folk e ad un eclettismo che ha preso spunto da vecchie ‘murder ballads’ e al grande patrimonio popolare di marca americana. Spesso il banjo è protagonista, al quale si aggiungono di volta in volta i fiddles, il contrabbasso, il mandolino e la chitarra elettrica (uniche eccezioni all’impianto acustico dell’album) di James Stephens, gli strumenti a fiato di Brian Sanderson (sousaphone, flicorno e tromba tra gli altri) e le mille percussioni di Rob Graves in un insieme evocativo e poetico frutto delle doti compositive di Kate Weekes. “Liminal Space” detta tempi e modi con banjo e fiddle a duettare in uno dei brani più significativi della selezione, mischiando emozioni pure e bucoliche, semplici ma proprio per questo incisive e coinvolgenti. “Floating Face Down” gioca ancora con le stesse emozioni con un andamento cadenzato in cui il banjo è nuovamente protagonista mentre la canzone che da’ il titolo all’album ha un’apertura quasi ‘cinematografica’ per poi dipanarsi in uno dei momenti più poeticamente intensi. “Sinking Ship” con le sue percussioni e il banjo rimanda alle cose più recenti di Rhiannon Giddens, pur con una voce naturalmente molto diversa, “Empty Bottles” è in bilico tra folk e pop, mantenendo inalterata quella freschezza che pervade il disco, “Come The Rain” ha il fascino fragile e poetico della ballata folk, con la chiusura affidata ad un altro bel duetto banjo/fiddle per “Time By The Moon”, elegante melodia tradizionale. Un disco a cui dare attenzione per immergersi in un mondo fatto di bellezza e genuinità. ( Remo Ricaldone)