Quella di John Mellencamp è una delle voci imprescindibili per poter penetrare l’anima più intima e autentica dell’America di oggi in una parabola che l’ha portato dal sanguigno e solido rock della prima parte di carriera alle profondità delle radici folk, sempre impreziosite da venature blues, country, rock e in questo suo nuovo disco talvolta con sorprendenti contorni jazzati. “Strictly A One-Eyed Jack” vive di queste colorazioni sonore, assumendo sempre nuovi spessori attraverso tematiche che toccano amore, morte, disillusioni e speranze in un insieme tra i più ispirati degli ultimi anni. Nella più classica tradizione degli storytellers americani, Mellencamp è tra coloro che hanno saputo al tempo stesso rinnovarsi nella continuità e nella tipicità del loro sound e questo album non sfugge alla regola, con il valore aggiunto della collaborazione, la prima in assoluto, con Bruce Springsteen, ospite d’onore in ben tre brani nel segno di una condivisione di ideali, di una notevole empatia e di una visione sempre più affine. Con una voce sempre più roca che assume ancora maggiore intensità e significati, John Mellecamp ci regala un lavoro da ricordare a lungo e che occupa uno spazio importante nell’ambito della sua pluridecennale carriera. “I Always Lie To Strangers” apre il disco con tutta la drammaticità di un’interpretazione in un cui il nostro mostra il volto più autentico: una ballata per chitarra e violino assolutamente splendida. “Driving In The Rain” addolcisce i toni e lo fa attraverso un’altra ballata descrittiva e nostalgica, “I Am A Man Tha Worries” riporta i suoni al tempo di “The Lonesome Jubilee”, uno dei suoi capolavori, con un arrangiamento notevole, “Streets of Galilee” fa nuovamente emergere l’approccio intenso di queste canzoni in una ballata sospesa nel tempo. “Sweet Honey Brown” vede ancora il violino protagonista a disegnare arabeschi e accompagnare il racconto di Mellencamp mentre in “Did You Say Such A Thing” entra in scena Bruce Springsteen e le atmosfere si fanno più classiche, più rock come ai vecchi tempi. “Gone So Soon” è sorprendentemente jazzata e notturna, vicina al primo Waits con il quale condivide anche i toni vocali, “Wasted Days” è il secondo contributo di Springsteen che duetta in modo naturale e cristallino con Mellencamp in una canzone ritagliata perfettamente sul loro essere, volenti o nolenti, vecchie (rock)stars che devono fare i conti con il tempo che passa, la title-track unisce sagacemente rock e folk ancora alla maniera di “The Lonesome Jubilee”, disco che ha lasciato profonde tracce nel cuore di Mellencamp tanto da riallacciare spesso i fili con quel classico, “Chasing Rainbows” è più easy e leggera, godibile,  rimandando i ricordi ad atmosfere sixties. “Lie To Me” è la più rock con il classico andamento caracollante dei midtempo di John Mellencamp e “Life Full Of Rain”, il terzo brano con Springsteen, chiude l’album in maniera nostalgica, amara e profondamente sentita, una ballata che suggella un disco dai toni forti che chiede di essere riascoltato più e più volte. (Remo Ricaldone)