A volte quando ci troviamo di fronte ad un musicista a noi sconosciuto basta guardare il nome del produttore e scorrere i musicisti coinvolti per farci un’idea del contenuto del disco. E’ successo per Jimmy Ruggiere, artista non più giovanissimo che arriva al debutto discografico dopo anni di attività portati avanti con uno spirito sempre propositivo e brillante. Certamente il punto più importante della sua carriera è stato l’incontro nel 1987 con Travis Tritt che l’ha incluso nella sua band degli esordi, gli ottimi Country Club, in cui Jimmy ha rappresentato un riferimento per parecchio tempo. Dopo quell’esperienza, una decina di anni dopo, la decisione di intraprendere una carriera solista che l’ha visto trasferirsi a Boulder, Colorado e poi, in tempi più recenti, ad Austin, Texas in cui ha potuto sviluppare in maniera autonoma il suo amore per la country music. L’amore per l’honky tonk e per la tradizione è naturalmente presente nelle dieci tracce che compongono questo pregevole “Nicer Guy”, prodotto con grande gusto e sagacia da Chris Gage, qui nelle molteplici vesti di ingegnere del suono e straordinario chitarrista, tastierista, dobro e lap steel player. Il talento di Jimmy Ruggiere come autore emerge qui prepotentemente, così come una bravura da armonicista non comune e una matura e calda vocalità. Non ci troviamo di fronte ad un lavoro rivoluzionario o epocale ma ad un sano e solido disco di country music sulla scia dei suoi ispiratori, da Ernest Tubb a Waylon Jennings, da Harlan Howard a Merle Haggard, fino a George Strait. Ad arricchire un suono già di per se pregnante ed ispirato ci sono Warren Hood al fiddle (grandi sono i suoi ‘twin fiddles’ in puro stile texano di “A Heartache Couldn’t Happen To A Nicer Guy”), Lloyd Maines alla pedal steel, Paul Pearcy, sempre preciso e sicuro alla batteria, David Carroll al basso e il già citato Chris Gage, vera guida dell’album. “I Cried All The Way To Ft. Worth”, la immancabile inflessione messicana di “There’s One Too Many Pretty Girls In Tucson” con la tromba di Jimmy Shortell, “I’ll Take The Ride (Wild Thing)”, la secca e precisa “I Want To Wake Up Stoned” con una bella performance all’armonica di Mr. Ruggiere, “Sunday’s Broken” con una tromba che inserisce atmosfere jazzate di grande fascino in una ballata adulta e matura e “90 Miles To Nashville”, più acustica e quasi bluegrass, sono i momenti che rimangono più in testa (e nel cuore) in un disco che aiuta a riconciliare gli appassionati con la country music.(Remo Ricaldone)