Nato a Danville, Virginia (cittadina che ha dato i natali anche al leggendario e compianto Tony Rice, tra i maggiori chitarristi acustici americani), Jeremy Stephens è attualmente il banioista con gli High Fidelity, una delle migliori realtà dei suoni che si collegano al bluegrass in circolazione, con una carriera che vanta decadi di ottima musica. Grande conoscenza della materia, tecnica sopraffina, le frequentazioni giuste: tutto questo fa di questo suo “How I Hear It” un prodotto estremamente valido e godibile in cui la scelta del materiale e il ‘parterre de roi’ che lo interpreta sono le carte vincenti. Strumentali, cenni gospel e il più cristallino stile bluegrass sono a partire dall’iniziale “Sockeye” firmata dalla storica accoppiata Don Reno e Red Smiley il filo conduttore che ci accompagna attraverso una selezione impeccabile, con “Since Wedding Bells Have Rung” (ancora di Don Reno), “Virginia Waltz” di Jim & Jesse McReynolds, “Beautiful Blue Eyes” che vede tra gli autori Alton Delmore che con il fratello Rabon fu tra i pionieri della country music negli anni ’30 del secolo scorso, i due traditional “Lady Hamilton” e “The Old Spinning Wheel” e “Could I Knock On Your Door” unico momento in cui Jeremy Stephens aggiunge il suo tocco compositivo a fare da trascinatori in un album spumeggiante. Si è accennato alla band che accompagna Jeremy Stephens: qui troviamo a dividersi le parti di fiddle Corrina Rose Langston, moglie e membro fisso negli High Fidelity e lo strepitoso Hunter Berry, da anni con i Rage, band che fa da supporto a Rhonda Vincent, David Grier alla chitarra acustica, un vero mago del suo strumento, al contrabbasso Mike Bub, un veterano di mille sessions, al mandolino Ronnie Reno, figlio del citato Don Reno, figura di culto nel mondo bluegrass, e a sua volta (a 73 anni) esperto strumentista a nobilitare un ‘combo’ eccellente. “How I Hear It” è la dimostrazione lampante del buon stato di forma della musica bluegrass, sempre supportata da ottime nuove leve e da veterani a celebrare una delle sonorità più caratteristiche della musica americana. (Remo Ricaldone)