Le sue canzoni descrivono la provincia americana con grande lucidità e genuinità, il suo percorso musicale lo ha visto attraversare il nativo Texas, le spiagge del sud della California e la Bay Area di San Francisco tra rock’n’roll, country, blues e folk. Da venticinque anni gira gli States con gli Healers, suonando sugli stessi palchi che hanno ospitato gente come Los Lobos, George Thorogood, Taj Mahal, Robert Earl Keen, Etta James, Gregg Allman e Guy Clark, ai quali Jeffrey Halford ha ‘preso in prestito’ ispirazione e sensibilità. La sua produzione consta di una manciata di dischi autoprodotti con grande passione, evidenziando una notevole capacità nell’esprimere le molteplici sfaccettature dell’animo umano, di volta in volta coniugandole con la sofferenza del blues, l’irruenza del rock, la poetica del folk e l’intensità della country music. “West Towards South” ci presenta un artista maturo, disincantato ma sempre capace di distinguersi per profonde introspezioni e uno sguardo all’America di oggi con tutte le sue contraddizioni. Il linguaggio ‘bluesy’ di “A Town Called Slow”, della tagliente “Dead Man’s Hand”, la ‘paludosa’ e misteriosa “Gallows”, “Three-Quater Moon” sono frutto della sua fascinazione per il Delta, la sorprendente ed originale “Geronimo” tra atmosfere jazz e un arrangiamento di archi che colpisce al cuore è il momento più singolare, le emozioni acustiche di “Sea Of Cortez” e di “Ballad Of Ambrose And Cyrus”, la title-track ‘raccontata’ con la forza del miglior John Trudell tra rock e radici e la corposa e rootsy “Willa Jean” rendono il disco assolutamente godibile, confermando una vena che si rinnova ad ogni nuovo lavoro. Americana at its best. (Remo Ricaldone)