Sono stati gli stessi Asleep At The Wheel a dare la notizia attraverso i social confermando che il nostro Flavio Pasquetto sarà la nuova steel guitar della band. Un Italiano sarà dunque la steel di una delle bands più famose non solo del Texas ma dell’intero panorama country internazionale. Una notizia bellissima, una di quelle favole che solo la musica riesce ancora a regalare. Essere scelto da una band come gli Asleep è sicuramente motivo di grande soddisfazione sia dal punto di vista artistico (devi essere davvero molto bravo) sia dal punto di vista personale. Ma questa scelta rappresenta anche una opportunità di crescita in termini di credibilità per l’intero panorama “country” Italiano.
Abbiamo incontrato Flavio e gli abbiamo fatto qualche domanda:
D. Flavio, innanzitutto complimenti per questa nuova, grande avventura. La prima cosa che ti volevo chiedere è come mai hai scelto di suonare la steel guitar.
Grazie mille per i complimenti Gianluca e per avermi invitato a fare quest’intervista: sono rare le volte in cui mi capita di parlare della mia attività di musicista. Mi sono formato come chitarrista “tradizionale” sin dall’età di otto anni ed ho esplorato lo strumento nelle sue diverse applicazioni, nei diversi generi musicali, musica classica compresa. Questo è stato, secondo me, determinante perché penso mi abbia dato un’apertura mentale, maturando la consapevolezza che in musica nulla è facile, o meglio non esiste un genere più difficile di un altro. Ho imparato, a mie spese, che prima di potere suonare con padronanza uno strumento musicale – sopratutto uno strumento così particolare come la Steel Guitar – o un genere musicale, bisogna averlo studiato molto, metabolizzato, e questo è un processo che richiede tempo, costanza e dedizione. Davanti a questo molti cedono, ed è proprio a questo punto che scatta la forza di volontà.
Questo atteggiamento fa ancora parte di me e alimenta la mia voglia di imparare e migliorarmi. Anche dal punto di vista musicale-professionale, ho avuto esperienze diverse: per esempio, ho lavorato in passato molti anni con la musica pop e ho passato gli ultimi sei a studiare e suonare il Jazz tradizionale.
La steel guitar è arrivata relativamente tardi, a 32 anni. E’ uno strumento che ho sempre amato ascoltare nei dischi, partendo dall’utilizzo che ne faceva George Harrison, ad esempio nell’album “All Things Must Pass” dove ha suonato Pete Drake, talentuoso pedal steeler, nonché grande produttore di musica country. Comunque c’è voluto molto tempo prima che iniziassi con la Steel, anche perché qui da noi non è uno strumento facilmente reperibile, non lo suonano in molti, e difficilmente si può trovare in un negozio di musica. Il giorno che sono riuscito a mettere le mani su una vecchia pedal steel della Fender me ne sono innamorato subito e ho capito che volevo saperne di più. Da lì a poco è diventata una vera ossessione. Più di una volta, infatti, nei periodi intensi di studio, praticavo anche la sera tardi, fino a addormentarmi letteralmente sullo strumento. Quando ho iniziato a suonare, ho ben presto realizzato che ancor di più del classico “Nashville Sound” mainstream della pedal steel, era l’utilizzo della steel guitar in contesti musicali più vicini al jazz ad interessarmi ed incuriosirmi: la chiave, o meglio la porta d’ingresso, per capire l’utilizzo della steel in questi contesti musicali è sicuramente la musica Hawaiiana (La Steel Guitar nasce alle Hawaii) contaminata con lo Swing americano e ovviamente il Western Swing. Quindi, così come quando decisi di fare il chitarrista professionista, partii dallo studio della chitarra classica, una volta iniziato a suonare la Steel ho capito che per comprenderne e padroneggiarne la tecnica strumentale ed il linguaggio musicale, avrei dovuto iniziare dal principio, e così sono ripartito dagli anni anni ’30 e ’40, periodo in cui la Steel Guitar era probabilmente al suo massimo. Successivamente, negli anni 50, c’è stato poi l’avvento della pedal steel, che ha rivoluzionato lo strumento (colgo l’occasione per dire che il primo strumento a corda elettrificato fu proprio una Lap Steel, nel 1932).
D. Ed ora la parte più emozionate di questa tua incredibile avventura: raccontaci come sei approdato alla corte di Ray Benson & C.
Beh, c’è da dire che sin dai primi anni in cui studiavo la steel guitar sono diventato un fan della band: gli “Asleep at the wheel” di Ray Benson è il gruppo che secondo me più di tutti ha raccolto lo spirito e l’eredità di Bob Wills e i Texas Playboys. All’epoca quella musica (Il Western Swing) era innovativa, prendeva in prestito elementi da altri generi musicali, come la tradizione delle fiddle tunes, il blues, il Jazz, elementi di musica classica, ed utilizzava il ritmo dello Swing come comune denominatore per sintetizzare e trovare quindi un nuovo linguaggio. Gli AATW mi sono da subito piaciuti perché hanno tenuto in vita quella tradizione rinnovandola, rielaborandola senza snaturarla. Questo lo trovo artisticamente un discorso in linea con il mio modo di vivere la musica. Inoltre nella loro band hanno suonato dei veri e propri talenti della Steel Guitar e per questo gli AATW la loro musica è stata ed è tutt’ora un ottimo riferimento come oggetto di studio. Detto questo, il contatto con loro è avvenuto in questo modo: durante l’anno scorso, non mi vergogno di dire che ho passato un brutto periodo lavorativo, cosa che, ahimè, può capitare spesso in Italia in questo momento storico, soprattutto se parliamo di professioni artistiche. Durante questo periodo scrivevo e inviavo moltissime email a produttori, promoter di concerti, a musicisti, locali, allegando il mio curriculum con i miei progetti musicali. Purtroppo, la maggior parte delle mie richieste venivano ignorate, anche da parte di persone con cui in passato avevo lavorato. Un giorno ho letto un post su Facebook degli AATW, in cui si annunciava da li a tre mesi il ritiro del loro steel guitar player, il grande Eddie Rivers, musicista che ho apprezzato e studiato anche nei dischi degli AATW e anche quelli di Wayne Hancock. Senza credere assolutamente che avrei avuto una risposta, dopo le tante email senza risposta mandate in Italia, ho deciso di scrivergli mandandogli un breve curriculum. Con mia grande sorpresa il giorno dopo mi ha riposto il grande Ray Benson in persona, proprio lui! Mi ha semplicemente risposto: “Send me two songs played”. Il giorno stesso ho arrangiato due brani del repertorio degli AATW, suonando e registrando le basi sulle quali poi ho suonato dal vivo riprendendomi con la telecamera e glie li ho inviati. Dopo meno di giorni ho ricevuto la sua risposta. I brani erano molto piaciuti a Ray e alla Band. Da lì tutto ha cominciato a prendere forma e mi sono ritrovato a suonare con loro nella tournée europea di Settembre scorso. La tournée è andata molto bene, sia sul palco sia fuori dal palco, e a quel punto mi hanno offerto il posto nella band come Steel guitar player, ed io ho accettato. Questo è quanto. Sembra quasi troppo facile per essere vero. Purtroppo per noi che viviamo in Italia, dove non esiste meritocrazia e dove gli ambienti lavorativi sono dei circoli chiusi impenetrabili, non può che sembrarci strano. Eppure, se ci pensi bene, non è così strano che possa succedere.
D. Come cambierà ora la tua vita?
Questa è ovviamente per me una grande opportunità, che arriva dopo anni di sacrifici, tentativi e dopo un grande lavoro su me stesso. Cambierà nella misura in cui potrò fare quello che ho sempre fatto fino ad adesso, suonare professionalmente, ad un livello più alto e su larga scala. L’America è un continente enorme e gli Asleep at the Wheel mediamente ogni anno suonano molto girando tutti gli States. Quest’anno inoltre, è un anno importante per la band di Ray Benson, perché è il 50° anno di carriera e ovviamente ci saranno delle celebrazioni. Sicuramente la più grossa soddisfazione ed anche il più grande cambiamento in positivo per me, è quella di poter finalmente fare il mio lavoro, per il quale mi sono formato una vita intera, suonando la musica che mi piace, sullo strumento che amo. Questo non è poco. Inoltre, se fino ad ad adesso ho dovuto lottare per poter imparare e proporre dal vivo un linguaggio musicale e uno strumento tutto sommato “lontano” dalla nostra cultura, questo lavoro mi permetterà di vivere sul posto in prima persona un certo tipo di ambiente, confrontandomi con i musicisti che padroneggiano lo stile musicale che ho imparato sui dischi. Sono molto curioso di vedere e di scoprire su me stesso tutto questo quanto e come influenzerà la mia crescita artistica individuale.
D. Non ti chiedo quali saranno i progetti per il futuro perché mi sembrano ovvi, ma invece ti volevo chiedere quale sarà, dal punto di vista artistico, il tuo prossimo traguardo.
In senso assoluto il vero traguardo artistico di un musicista è sempre quello di migliorarsi e di riuscire a liberare ed esprimere la propria musicalità, il proprio potenziale. La musica è un’attività umana complessa che coinvolge la sfera emotiva e cognitiva, per cui il miglioramento musicale è secondo me imprescindibilmente legato ad un percorso evolutivo individuale personale. Il bello è, che più si va avanti, più si cresce, acquisendo conoscenza e padronanza, più l’orizzonte del traguardo si allontana. Per quanto riguarda i progetti per il futuro ovviamente adesso voglio dare il massimo agli ASATW, cercando di approfondire il più possibile il linguaggio musicale del Western Swing. Nei miei desideri c’è sicuramente la volontà di realizzare un secondo disco con la mia band di Hawaiian Swing “I Waikikileaks”, con i quali ho pubblicato un disco (Swing Luau) all’inizio del 2019. Inoltre vorrei continuare ad insegnare e far conoscere la Steel guitar in Italia. A settembre scorso, in questo senso, ho realizzato per la fiera “Mondo musica” di Cremona, insieme al Liutaio Leonardo Petrucci, una mostra-seminario sulla Steel Guitar, dal titolo “Scivolando sulle Corde”. Sarebbe inoltre fantastico riuscire a portare gli ASATW in Italia! Sono sicuro che se avessero il giusto spazio acquisirebbero qui da noi molti nuovi fans, non solo tra gli amanti della Country music.
Confesso infine, che un mio sogno nel cassetto è quello di realizzare un progetto musicale di composizioni originali che sintetizzi in un certo modo il percorso musicale che ho fatto fino ad adesso. Un viaggio che mi ha permesso di vivere mondi musicali differenti, senza pregiudizi, animato e guidato solo dalla curiosità di imparare. Ho preso un “pezzo“ qua è là di tutto e l’ho messo nel mio bagaglio personale, una valigia che diventa sempre più grande e capiente ma mai “pesante”. (Gianluca Sitta)