Bruce Cockburn sarà in Italia nel 2024 per un mini tour di quattro date. Planetcountry rende omaggio a questo grande artista Canadese attraverso  il racconto di Remo Ricaldone.

Classe 1945, nato ad Ottawa, Ontario, Bruce Douglas Cockburn ha segnato con passione, incisività, intimismo, poesia, impegno sociale e talento la storia della musica tra folk e blues, jazz e rock, interpretando il tutto con uno stile personale e riconoscibile, degno dei grandi autori ed interpreti. La sua è stata una formazione musicale ricca di esperienze così diversificate da creare un suono unico e in continua crescita e maturazione, dai club di Ottawa e di Toronto agli anni trascorsi al rinomato Berklee School Of Music di Boston. Gli anni sessanta, o perlomeno la seconda parte di quella decade, sono stati un periodo di sperimentazioni alla ricerca di una sua strada, di un suo stile, scelto nella forma di un suono prettamente acustico presentato nel suo disco di esordio omonimo del 1970, disco che per primo lo ha portato ad essere notato grazie all’introduttiva “Going To The Country” che fece capolino nelle classifiche di vendita canadesi. Da quel momento Bruce Cockburn ha letteralmente spiccato il volo con una crescita esponenziale di ispirazione e di creatività portandolo ad esplorare l’animo umano, attento ad un percorso personale che l’ha visto passare dall’essere agnostico ad abbracciare la cristianità, l’ambiente che lo circonda (con tutto l’amore per i magnifici paesaggi del nativo Canada) e l’attenzione ai temi sociali. Dal 1971 al 1976 è un susseguirsi di capolavori densi di poesia e di sonorità acustiche e pastorali, snocciolando titoli come “High Winds, White Sky”, “Sunwheel Dance”, “Night Vision”, “Salt, Sun And Time”, “Joy Will Find A Way” e “In The Falling Dark”, con il doppio epocale “Circles In The Stream” a chiudere idealmente il primo capitolo della sua carriera con uno straordinario sguardo ad un repertorio già ricco e intenso. Il trittico formato da “Further Adventures Of”, “Dancing In The Dragon’s Jaws” e “Humans” ne aumenta ulteriormente il nome, già molto noto in patria, e specialmente con l’album di mezzo Cockburn comincia ad ottenere un buon successo negli States anche grazie alla contagiosa musicalità di un brano come “Wondering Where The Lions Are” che diventerà ben presto un classico del suo repertorio. I tre album in oggetto sono quelli caratterizzati da una grande attenzione agli arrangiamenti, più corposi e variegati, ottimamente bilanciati nei suoni e tra le cui pieghe si nascondono alcuni dei molti gioielli della produzione del nostro. Gli anni ottanta, come per molti suoi colleghi, vedono un certo ‘appesantimento’ dei suoni a cui fa da contrappeso un grande e crescente impegno sociale e politico che prende un po’ il posto all’intimismo e all’accorato peso poetico della precedente decade. “Inner City Front”, “The Trouble With Normal” e “World Of Wonders”, pur musicalmente meno ispirati rispetto ai suoi capolavori, contengono più di un momento da ricordare e da sottolineare per forza espressiva e liricità, con ottime melodie che in seguito avrebbero mantenuto la loro intensità grazie ai frequenti rifacimenti live. Gli anni noventa vedono Bruce Cockburn riprendere tutta la sua ispirazione grazie alla fattiva collaborazione con T Bone Burnett che gli produce eccellenze come “Nothing But The Burning Light” e “Dart To The Heart”, tra i migliori lavori della sua carriera, il primo con la presenza di nomi di spicco come Booker T Jones alle tastiere, Jim Keltner alla batteria, Larry Klein al basso e le ospitate di Jackson Browne e del ‘fiddle wizard’ Mark O’Connor, il secondo contraddistinto da una vena compositiva raramente così ispirata. La parentesi con T Bone Burnett seppur durata pochi anni ha un aspetto benefico su Bruce Cockburn e sulla sua ispirazione, sia musicale che a livello di tematiche, dal raggio sempre più ampio, dall’ambiente ai diritti dei rifugiati del Centro America e delle popolazioni autoctone del nativo Canada, completando lavori di notevole spessore artistico anche se non di grande responso commerciale. Un successo che Cockburn almeno nel suo Paese ha raccolto con innumerevoli riconoscimenti, mantenendo un nome mai dimenticato dagli appassionati nel corso degli anni, nonostante pause a volte abbastanza lunghe. Molti nomi inportanti hanno fatto la loro comparsa nei dischi di Bruce Cockburn negli anni novanta e nella prima decade dei duemila, da Ani DiFranco a Ron Sexsmith, da Emmylou Harris a Sarah Harmer, fino a Colin Linden con il quale il nostro ha sempre avuto uno stretto rapporto di amicizia. Molti sono anche stati i musicisti che hanno ripreso le canzoni di Bruce Cockburn, da Dan Fogelberg a k.d. lang e poi ancora Tom Rush, Judy Collins, Jimmy Buffett, Jerry Garcia e Anne Murray per citare qualche nome, in un crescendo di considerazione per un artista ormai assurto a figura guida del cantautorato non solo canadese. Dal 2014 Bruce Cockburn si è trasferito a vivere a San Francisco, mantenendo un indissolubile legame con la ‘terra madre’ e tornando specialmente negli ultimi anni ad una sorprendente vena poetica, amplificata dalla scelta di riprendere le atmosfere acustiche della prima parte di percorso artistico, dando alle stampe due straordinari esempi di canzone d’autore in cui c’è posto un po’ per tutti i suoi amori musicali, folk, blues e jazz fusi attraverso la sua grande personalità. “Bone On Bone” del 2017 e soprattutto il più recente “O Sun O Moon” pubblicato nel 2023 hanno posto l’accento su una proposta di eccellente qualità fatta di tecnica chitarristica (che è sempre stata notevolisssima), di equilibri stilistici e di un’interpretazione matura ed intensa. All’età di 78 anni Bruce Cockburn sta vivendo un’ennesima stagione di fertile ispirazione, proprio quando è stata annunciata una prossima (si parla di marzo 2024) tournèe italiana. Un ritorno dopo molti anni che farà felici coloro che hanno un debole per la canzone d’autore di classe e qualità. (Remo Ricaldone)