In un panorama dove spesso i suoni bluegrass vengono rivisitati in maniera alternativa tra inflessioni country, tentazioni jam e variazioni più o meno contemporanee c’è chi guarda in maniera rigorosa ed inflessibile alle proprie radici, evitando con bravura l’operazione meramente archeologica e portando all’attenzione dell’appassionato di suoni acustici un repertorio molte volte raro ed insolito. E’ il caso degli High Fidelity, una delle più brillanti ed incisive band in circolazione in ambito bluegrass che da qualche anno si è guadagnata l’attenzione ed il rispetto degli addetti ai lavori. Il quintetto capitanato dal chitarrista (che a volte imbraccia anche il banjo) Jeremy Stephens, ormai al terzo disco con la benemerita etichetta di Charlottesville, Virginia Rebel Records, dopo gli ottimi “Hills And Home” del 2018 e “Banjo Player’s Blues” del 2020, torna a riproporre i più autentici suoni bluegrass con un album incentrato su temi gospel, un passaggio obbligato a cui ogni musicista di quell’area si è confrontato nel corso della propria carriera. E anche questa volta il repertorio, la cristallina qualità strumentale, la coesione delle armonie vocali e l’approccio tanto naturale quanto godibile hanno reso questo “Music In My Soul” un lavoro di grande qualità. La scelta del materiale, come nelle precedenti occasioni, conferma l’intelligenza e la sagacia degli High Fidelity andando a ripescare piccoli e quasi dimenticati gioiellini dal songbook di Ralph Stanley con “The Darkest Hour Is Just Before Dawn” e di Jim & Jesse McReynolds con “Are You Lost In Sin” per fare due esempi significativi e di proporre oscuri e preziosi autori della tradizione il cui apporto ha reso certamente più ricca la storia e lo sviluppo del genere. Il tutto, come detto, presentato con una veste essenziale e vibrante con, oltre alla citata chitarra del leader Jeremy Stephens, il fiddle della moglie Corrina Rose Logston Stephens, il banjo di Kurt Stephenson, il mandolino di Daniel Amick ed il contrabbasso di Vickie Vaughn. “Musi In My Soul” è quindi l’ideale approccio al bluegrass gospel nella sua accezione più vera e sincera. (Remo Ricaldone)