C’era un periodo, attorno agli anni cinquanta e sessanta, in cui su molte copertine di dischi appariva la scritta ‘high fidelity’ per segnalare quanto fosse moderna la resa sonora del prodotto in questione. Ora tutto questo fa parte del passato e rispolverare questa definizione significa amare e fare riferimento ad anni in cui la nostra musica ‘prese forma’ e godette di ottima salute. Nell’ambito della musica bluegrass amare quel periodo vuol dire riprendere le sonorità tipiche di musicisti come Jim & Jesse McReynolds, Don Reno, Louvin Brothers e Charlie Monroe, cosa che gli High Fidelity sanno fare come pochi altri, con quella pulizia di suoni, quell’entusiasmo e quella freschezza che viene loro data si dalla giovane età ma anche da un retaggio consolidato e fortemente radicato nel loro dna. Attiva dal 2014, la band dei fratelli Jeremy e Corrina Stephens, rispettivamente chitarra e fiddle, ha dapprima inciso un disco indipendente e poi ha firmato un contratto con una delle più longeve e sagaci label americane del genere, la Rebel Records di Charlottesville, Virginia. Il risultato di questa partnership ora è nelle nostre mani e si intitola “Hills And Home”, uno splendido album in cui viene espressa tutta la musicalità di una delle migliori promesse bluegrass in circolazione. Il banjo di Kurt Stephenson, il mandolino del dinoccolato Daniel Amick ed il corposo contrabbasso dell’altra figura femminile della band, Vickie Vaughn completano una line-up equilibrata e scaltra in cui ogni strumento è perfettamente incastonato in un insieme trascinante e vibrante. Il repertorio è volutamente ricercato e vuole riscoprire piccole gemme quasi dimenticate prese dal repertorio dei migliori artisti del genere, riprendendo anche un paio di traditional celebri (“Grey Eagle” e la conclusiva “Will The Circle Be Unbroken?”) ma proposti in versioni ‘alternative’ ed originali. Basti citare brani come “Gotta Get You Near Me Blues” (di Bob Montgomery) che addirittura Buddy Holly registrò poco prima di essere coinvolto in quel tragico incidente aereo, la magnifica title-track firmata da uno dei più considerati musicisti bluegrass, il mandolinista John Duffey già con i Seldom Scene, “I Ain’t Gonna Work Tomorrow” di A.P. Carter, “Maple On The Hill” di Wade Mainer o la cristallina “Follow The Leader” di Don Reno per rendersi conto del peso specifico dei High Fidelity, sorprendenti per vivacità e al tempo stesso per l’incondizionato amore per il proprio passato. Un disco che colpisce al cuore chi apprezza il genere ma che può essere una buona ‘porta d’ingresso’ per chi è digiuno di bluegrass. Buon ascolto.(Remo Ricaldone)