Il percorso verso i suoi sogni e le sue aspirazioni artistiche è stato un lungo corollario di esperienze lavorative spesso lontane miglia dalla amata musica ma quella di Gregg Stewart, nato nel New Jersey industriale e trasferitosi poi al sole di Los Angeles, è stata una parabola terminata al meglio, con questi due dischi (invero non recentissimi ma decisamente degni di nota) che rappresentano bene la sua personalità. Rock e pop, radici e suoni contemporanei, il gusto e la ricerca della melodia legato agli anni sessanta e ai settanta, questo e altro è contenuto in due lavori usciti in sincrono che mostrano il Gregg Stewart autore e interprete, due lati di una medaglia che reca impressa una grande voglia di musica che diverta e coinvolga l’ascoltatore. Il disco omonimo, quello dei brani originali, è fortemente radiofonico, godibile, frizzante, un insieme di note pop (nella concezione più nobile, legata alla grande tradizione americana) e di classic rock, con spesso similitudini che lo legano alla scena country più ‘moderna’. E se “Nobody Like You” ricorda con tanta nostalgia il Tom Petty più accorato e morbido, “R Is For Rockstar”, “You’re The One” e l’aggressiva “Stone Cold Fox” fanno emergere il lato più rock di Gregg Stewart, pur filtrato attraverso una visione tipicamente californiana a smussare certe ‘angolature’. “Twenty Sixteen” è invece il disco tributo agli artisti che hanno influenzato il modo di fare musica di Gregg Stewart e che ci hanno lasciato appunto nel 2016, un sorprendente mix di nomi che poco hanno a che fare l’uno con l’altro ma che, nelle versioni spesso acustiche, formano un insieme godibilissimo che fa risaltare ottime melodie. Passato e presente così si fondono partendo da una “You Spin Me Round” che negli anni ottanta fece, per poco, esplodere il successo della pop band Dead Or Alive, qui spogliata da ogni orpello e riconsegnata al meglio, alla celeberrima “Starman” di David Bowie. In mezzo la bellezza di una “Raspberry Beret” di Prince che personalmente ho sempre amato, “One More Love Song” di Leon Russell, “If I Could Only Fly” di Merle Haggard, “Out In The Parking Lot” di Guy Clark, “Leaving The Table” di Leonard Cohen ma anche le sorpendenti cover di “Sing A Song” degli Earth, Wind & Fire, “High Flying Bird” dei primi Jefferson Airplane, “ I Found Somebody” di Glenn Frey e una solare “Pure Imagination” firmata da Gene Wilder per il film “Willy Wonka e la Fabbrica del Cioccolato” e ripresa da decine di artisti. Insomma un variegato viaggio nelle radici musicali di un personaggio interessante e molto promettente: Gregg Stewart. (Remo Ricaldone)