Gordon Thomas Ward è uno storyteller, un autore e cantante che arriva da Winter Harbor, Maine e si ricollega alla grande tradizione americana della folk song che negli anni sessanta soprattutto diede vita ad una stagione di straordinaria espressività poetica e negli anni settanta mostrò quanto potessero essere universali storie di rapporti interpersonali e di intima introspezione. Tra ricordi autobiografici, cenni storici  e leggende legate agli affascinanti e misteriosi luoghi da cui proviene, “Eiderdown”, il suo nuovo doppio cd, racconta di un viaggio intenso e molto piacevole fatto di ballate acustiche e di momenti in cui le atmosfere si fanno più corpose mantenendo sempre un’onestà e una genuinità notevoli. Le nostalgiche note della cornamusa scozzese che introducono la title-track ci fanno subito entrare in un mondo in cui i personaggi ritratti sono perfettamente inquadrati in una natura meravigliosa quanto dura e imperscrutabile, usando un linguaggio, come detto, degno della miglior canzone folk. Le esperienze di vita hanno costituito una base solida su cui costruire brani in cui vengono a galla sensibilità sociale, attenzione verso malattie come l’Alzheimer, nostalgia per i luoghi della propria infanzia, relazioni difficili e interesse verso le problematiche ambientali. Un lavoro pieno di emozioni e di stati d’animo diversi in cui riconoscersi e a cui affidarsi senza remore, una selezione che ha nella orgogliosa “The Ballad Of Joseph Martin”, story-song dalle forti movenze folk, nella cristallina melodia di “Just For You” che rimanda alla migliore canzone d’autore con in primo piano il cello di Dan Kassel, nella lunga ed eccellente “Four Angels” dove, attraverso l’originale prospettiva di un giovanissimo soldato della Guardia Nazionale, vengono rivissuti i drammatici giorni della strage nell’Università di Kent State, quella di ‘Ohio’ di CSNY,  in “The Ghost Of Hugh Thompson” in cui si rimarca il bisogno di opporsi ad ogni tipo di ingiustizia, in “Longing” con la bellissima voce di Caroline Cotter a duettare, “Long, Long Ago” con le profonde riflessioni sul declino dell’industria carbonifera e del suo impatto sociale nel Kentucky rurale, nella limpida “Are You Sleeping?” e nella intima e pianistica “Endless Horizons” i momenti più intensi e forti. Tutto l’album è comunque ispirato da una vena molto attraente che pone Gordon Thomas Ward tra i più interessanti nomi della scena ‘autoriale’ contemporanea.

(Remo Ricaldone)