Ma in fondo cosa inseguiamo noi “cercatori d’America” quando ci avventuriamo lungo i fiumi della terra d’oltreoceano, con lo stesso spirito un po’ realistico e un po’ sognatore dei cercatori d’oro che hanno solcato simili percorsi più di un secolo fa? Cerchiamo echi di realtà che risuonano tra pareti di roccia rossa levigata e scavata da decenni di sogni, di leggende lontane, di miti caduti e di suggestioni ricostruite ciclicamente nella nostra vita.
Ci troviamo così proiettati nella terra dei grandi contrasti, Dove le insegne al neon gigantesche e abbaglianti fanno sembrare ancora più scuro il buio completo che cala appena fuori dalle città. Dove il clima è bollente ma i locali ghiacciati. Dove tutto è raggiungibile in automobile ma spesso non esiste nulla da raggiungere per centinaia di miglia. Dove le macchine sono grandi come molti monolocali italiani, ma le abitazioni in certi quartieri non sono diverse da roulotte prive di ruote. Dove tutto è a disposizione, ma non esiste un’area di ristoro per intere distese di deserto. Dove si celebrano popolazioni native nei luoghi stessi in cui sono state sterminate. Dove rischi molto se superi il limite di velocità di 40 mph, ma nessuno si stupisce se acquisti una pistola in un negozio di chitarre dove ritirano anche oro usato. Dove un sottile recinto accompagna ogni strada ed ogni viottolo, ma ugualmente il vento che soffia forte pettinando l’erba alta della prateria profuma di libertà. Niente retorica, solo un senso di acerba appartenenza che assorbe chi scende dall’aereo e si sente dire dall’impiegato del noleggio auto: “Benvenuti negli Stati Uniti. Qui tutto è possibile e si può avere qualsiasi cosa si desideri.” Ed in quel momento, in un angolo della mente prende forma la bandiera a stelle e strisce che si vede sventolare patriotticamente in ogni film americano. La stessa bandiera che garrisce orgogliosa sul porticato della maggioranza delle abitazioni, in cima a lunghe aste che puntellano le strade, appesa al cassone dei giganteschi pick up. La bandiera che, un po’ ubriacati da quel senso di appartenenza che non ci aspettavamo, salutiamo tutti orgogliosamente ascoltando l’inno nazionale prima di una partita di baseball o di un tipico rodeo, quando una giovane mamma riprende il bimbo distratto di forse cinque anni, per ricordargli di appoggiare la manina sul cuore durante quelle note.
“The land of the free and the home of the brave”… ti trovi a cantarlo anche tu… tu che magari avevi lasciato da qualche anno l’ideale un po’ stucchevole e molto ingenuo dell’America salvatrice degli oppressi e, pur continuando ad amarne l’immagine ed il fascino intramontabile, avevi abbracciato consapevoli disillusioni circa il suo ruolo nel mondo. Eppure, ora, sei in piedi di fronte a quella bandiera e la rispetti. La rispetti perché l’America forse non salverà il mondo ma di sicuro riesce a salvare se stessa, a pregare per se stessa prima di un’importante manifestazione, e naturalmente a celebrare se stessa facendo rivivere quella leggenda travolgente che noi chiamiamo Far West ma che non appare poi così “lontana” tra i mandriani del Wyoming, nelle cittadine abbandonate dai minatori che vengono conservate come musei viventi, nelle mandrie di Mustang che vivono liberi nell’open range e nei luoghi sacri che la cultura Nativa ha prestato ma mai venduto alle moderne credenze New Age. Forse, come turisti, non si può che affittare un pochino di quella verità che si credeva molto più romanzata di quanto non sia in realtà, cercando di godere l’America come un grande Juke Box in cui lei decide il ritmo, ma noi possiamo scegliere la musica. E che musica. La musica dell’aria che si incanala nelle fessure dei Canyon, la musica del silenzio assoluto della prateria, la musica dei Geyser che gorgogliano nel parco di Yellowstone… e naturalmente la musica Country. Country Rock, Old Country, Country Blues… ma niente Pop Country. No, nulla di tutto ciò. Qualcuno ci racconta che la tendenza commerciale d’oltreoceano si stia “rinnovando” tramite il pop o perfino la disco. Dopo essersi immersi nella realtà delle serate dove la musica
dal vivo è d’obbligo, risulta evidente che questa sia una grande, enorme bufala che viene spesso propinata dal mercato italiano per saziare menti ed orecchie massificate. Si tratta di una somministrazione da fast food, un po’ come il frappuccino di Starbuck’s, con la differenza che quest’ultimo perlomeno ha un buon sapore.
Niente sfarzo, niente outfits eccentrici, niente paillettes e… udite udite… niente line dance. Solo Country Music. As simple as that. Coppie che scivolano sulla piccola pista di legno, abili o goffe, giovani o meno, ondeggiando in varie forme di two step o, più frequentemente, west coast swing.La musica, un po’ come il rodeo, nella terra di frontiera non è un vezzo ma uno stile di vita, un modo di essere in contatto con la propria terra, con le proprie emozioni, con se stessi. Forse anche per questo un uomo come Chris LeDoux, campione di rodeo e pietra miliare nella country music, viene celebrato con un’effige in bronzo che indica la strada a cui è stato dato il suo nome a Sheridan, con una serie di cimeli al museo dei Frontier Days a Cheyenne e naturalmente, a Kaycee, con un parco che incornicia una maestosa statua in bronzo. Chris è raffigurato mentre cavalca Stormy Weather che sgroppa su una gigantesca chitarra. “Beneath these Western Skies” è l’iscrizione che ricorda il celebre pezzo del grande campione e musicista. Un titolo che ben interpreta il senso di tutta la vita che scorre sotto quei cieli. Una vita in bilico tra sogno e realtà. Forse le due cose non devono coincidere per forza. Forse per amare qualcosa forse non serve che sia perfetto, né moralmente senza fallo, né privo di punti critici. Lo ami perché è parte di quello che sei diventato, del tuo percorso, della tua vita. Perché il sogno è ancora vivo e questo basta. È sufficiente per rubare la scena alla realtà qualche volta. E noi vogliamo crederci, perché è il fascino della vita. (Sara Albanese)