Questo articolo nasce come risposta al quesito che ci pone un lettore, il quale ci chiede se riusciremo mai a vedere dal vivo qui in Italia i grandi nomi della musica country. In realtà anche in questo momento qualcuno sta provando a portare qualche big qui da noi. Hanno addirittura fatto migliaia di chilometri per riuscirci, ma la dura realtà è che noi Italiani non siamo ancora pronti per la grande country music. Sembra infatti che, giustamente direi, i grandi interpreti di questo genere musicale abbiano qualche riserva sul fatto di venire a suonare in Italia. Non è una questione di distanza, non è una questione di soldi e non è neanche una questione di strutture o di organizzazione. Si tratta di un problema di immagine. A livello mondiale è infatti risaputo che, qui da noi, alla maggior parte delle persone che frequentano l’ambiente non piace particolarmente la country music ma piace molto ballare balli di gruppo vestiti da cowboy. Quindi nessuno, soprattuto se si tratta di un artista che ha una carriera da difendere, vuole rischiare di suonare in uno stadio semi deserto solo perché non si balla. Ero a Londra lo scorso anno durante il C2C e dopo l’esibizione di Chris Young, The Band Perry, Rascal Flatts e Brad Paisley uscendo dall’O2 Arena tutti erano ovviamente entusiasti tranne un piccolo, sparuto gruppetto, gli unici vestiti tutti uguali (sembravano una gang ma erano gli allievi di una “scuola”) che si lamentavano dicendo (ovviamente in Italiano): “ma se qui non si balla abbiamo fatto tanta strada per niente”. Questa è purtroppo la mentalità più diffusa tra coloro che frequentano il mondo country “Italiota”. Qui da noi siamo giunti all’assurdo che chi determina la riuscita di una manifestazione di musica country live non è la bravura dei cantanti o dei musicisti ma la partecipazione dei ballerini. E siccome le scelte dei ballerini sono quasi sempre condizionate da quelle dei loro “maestri”, le cose non cambieranno mai, perché la potente lobby dei “maestri di professione”( quelli che lo fanno di mestiere) ha tutto l’interesse economico a mantenere l’equazione: country uguale ballo. Non parliamo poi della vergognosa operazione di trasformare il ballo country in disciplina sportiva, cancellandone così ogni aspetto musicale e culturale. Tutti amiamo il ballo country, ma si tratta solo di un fenomeno strettamente Europeo, divertente ma marginale della musica country. I grandi nomi hanno in fondo ragione: non siamo ancora pronti per il live di Garth Brooks, Brad Paisley, Tim McGraw o Alan Jackson e forse non lo saremo mai, almeno finché il popolo country Italiano non si deciderà a cambiare mentalità. P.S.Se siamo giunti a questa situazione una grossa parte di responsabilità ricade anche su molti djs, i quali, proprio in qualità della loro funzione avrebbero dovuto opporsi a questa deriva, anche a costo di mettersi contro i cosiddetti maestri e rischiare così di aver poca gente alle serate. D’altronde però come dice Alessandro Manzoni ne I Promessi Sposi: “Il coraggio, uno non se lo può dare.” (Gianluca Sitta)