Il lungo e generoso percorso musicale di Fabrizio Poggi, giunto al ventiquattresimo capitolo, si arricchisce di un nuovo, intrigante lavoro che lo vede collaborare con il compositore e pianista Enrico Pesce. “Hope” è la piena consacrazione, se ancora ce ne fosse bisogno o se ancora non conosceste l’armonicista di Voghera visti i numerosissimi attestati di stima e premi vinti, di una costante ricerca sonora che parte dalle radici del blues e del gospel ma anche dell’enorme curiosità, empatia e talento che lo porta a ‘spostare l’asticella’ sempre più in alto. Le moltissime collaborazioni con alcuni dei migliori nomi della musica americana delle radici come Garth Hudson della Band, Charlie Musselwhite, Zachary Richard, Marcia Ball, Jerry Jeff Walker, Sonny Landreth, Guy Davis (collaborazione che gli è valsa una nomination ai Grammy Awards del 2018) per citare qualche nome non ha intaccato la sua grande umiltà e naturalezza che gli ha permesso di continuare ad esprimersi con straordinaria intensità emotiva. “Hope” è un disco di disarmante bellezza per semplicità concettuale e per un universale messaggio di unione e di speranza, di condivisione e di fiducia nel prossimo, riprendendo celeberrime melodie e unendole a pochi ma incisivi originali, come ad esempio quello che potrebbe essere il manifesto dell’album, una luminosa “Every Life Matters” dove la voce di Sharon White, corista con gente del calibro di Clapton e Paul McCartney per fare un esempio, è il valore aggiunto di una melodia eccellente. “Leave Me To Sing The Blues” vede il sontuoso pianismo di Enrico Pesce intrecciarsi con l’armonica di Fabrizio Poggi trasportandoci nella New Orleans più nostalgica ed intensa, omaggiando le radici più profonde della nostra musica, “Hard Times” è proprio la celeberrima canzone di Stephen Foster, un vero standard della storia musicale americana qui riletta con grande coinvolgimento per i riferimenti sovrapponibili ai nostri recenti ‘hard times’, “Motherless Child” è un altro momento struggente per carica emotiva di un classico nobilitato dall’introduzione da pelle d’oca della voce di Emilia Zamuner e dal pianismo di Enrico Pesce. L’album riserva ancora molte sorprese con le riletture di “Goin’ Down The Road Feelin’ Bad”, “The House Of The Rising Sun” e “Nobody Knows The Trouble I’ve Seen”, classici ai quali viene riservato un trattamento ricco di emozione e personalità, la ripresa di un bel brano di Ben Harper intitolato “I Shall Not Walk Alone”e di eccellenti originali come “I’m Leavin’ Home” (duettando magnificamente con Sharon White), lo strumentale “My Story” e una “I’m Leavin’ Home” che chiude il cerchio nella maniera più affascinante. (Remo Ricaldone)