Il contributo del nostro Paese alla musica americana è stato fin dagli albori del’900 corposo e di qualità, annoverando artisti nell’ambito del jazz, della musica popolare e di quella delle radici. Le melodie, in gran parte provenienti dalle regioni meridionali, si sono integrate con risultati molte volte positivi a quelle di altre nazioni dando vita al proverbiale ‘melting pot’ che si è venuto a creare oltreoceano. Da Salvatore Massaro, pioniere del jazz con il nome di Eddie Lang a Frank Sinatra e alla generazione dei ‘Jersey boys’ di cui hanno fatto parte i Four Seasons fino a songwriters come Jim Croce solo per citarne alcuni, gli italiani d’America hanno scritto pagine fondamentali del grande libro della musica a stelle e strisce. Eugene Ruffolo è un cantautore newyorkese che ha cinque album all’attivo e una attività che lo ha portato a condividere lo stesso palco con gente del calibro di Garth Brooks, Tony Bennett, Kenny Loggins, Mary Chapin Carpenter e decine di altri in un percorso che lo ha visto  sviluppare una canzone d’autore di grande qualità. Negli anni Eugene è tornato spesso in Italia dai parenti e ha iniziato ad apprezzare le melodie della canzone nostrana avvicinandosi ai cantautori e a certa musica napoletana, certamente la più conosciuta all’estero. Un po’ a sorpresa però arriva questo suo disco (abbinato ad un libro che esalta la cucina italiana in un connubio musica/cibo decisamente intrigante) interamente cantato nella nostra lingua ed intitolato “Canto Per Mangiare” dove, in maniera del tutto credibile, affronta un idioma non semplice da esprimere per un non ‘madre lingua’. In questo disco, acustico e ricco di inflessioni mediterranee mantenendo però certe caratteristiche del songwriting tipico di Eugene Ruffolo, si alternano originali e cover in un insieme brillante e godibile. Accanto alle intense “Bella Maria” e “Ma Quando” firmate dal nostro, occupano una parte preponderante i brani del cantautorato italiano con azzeccate riprese di “Ma Ti Muovi Sempre” di Fabio Concato, di una “Emozioni” della coppia Mogol/Battisti molto originale, di “Estate” di Bruno Martino  e di “Pace e Serenità” di Pino Daniele, a mio parere le migliori di un lotto di cui fanno parte alcuni classici del repertorio partenopeo come “Torna a Sorrento”, “Dicitencello Vuje” e “Marianni”, brani che anche negli States hanno trovato molti estimatori grazie al bagaglio culturale dei nostri emigranti. Nel complesso un disco curioso e personale che pone l’accento su un aspetto non usuale, le connessioni tra Italia e America che solo anni fa avevo apprezzato grazie ad un bellissimo disco come “Traversata”, inciso in trio da Beppe Gambetta, Carlo Aonzo e David Grisman, un gioiellino in cui queste culture convivevano in maniera eccellente. Bravo Eugenio!(Remo Ricaldone)