Daniel Nestlerode ha viaggiato molto, ha costruito pezzo per pezzo la sua musicalità aggiungendo influenze che vanno dal folk alla country music, dal bluegrass al roots rock, dalla nativa Pennsylvania alla California, dall’Inghilterra dove ha vissuto alcuni anni fino al nord della Francia dove si è sistemato per motivi affettivi e familiari. Tre album all’attivo a partire dal 2013 quando ha debuttato con “More Than A Little Guitar” per poi incidere quattro anni dopo “Almost Home” e ora “Windrush”, raccolta di canzoni e brani strumentali che fotografano perfettamente le sue radici e i suoi amori musicali. L’unione di originali, traditional e cover è qui assolutamente vincente ed evoca le ballate folk della sua terra natia ma anche il folk-rock britannico (i Fairport Convention sono stati un punto di riferimento per Daniel) e, grazie all’uso della lingua francese, l’omaggio ai suoi sentimenti più cari. “Windrush” è disco carico di significati e scorre attraverso atmosfere pacate e spesso bucoliche, elettro-acustiche e poetiche, guidate da una voce calda ed estremamente piacevole e da un approccio di ottimo gusto estetico. Tra i momenti da sottolineare ci sono senz’altro l’unica cover, “C’est Noyé” della brava cantautrice Victoria Vox, i traditional “Blackberry Blossom”, classico bluegrass qui riletto in modo decisamente diverso, e l’accoppiata “The Vacant Chair” e “The Parting Glass” dove emergono in maniera forte ed orgogliosa radici folk e gli originali “Unexpectedly”, “Being A Boy”, “Living The Dream” e “Tout Ce Qui Fait Toi”, tutte pervase da significati personali ed autobiografici. Un album questo “Windrush” che suona più inglese che americano nelle tonalità, grazie anche all’uso frequente del mandolino, mandola e bouzouki e da uno spirito sicuramente influenzato dagli anni trascorsi nel Cambridgeshire. Un lavoro che mostra una maturità pienamente esplicata attraverso un repertorio assolutamente godibile. Da conoscere. (Remo Ricaldone)