Dana Sipos è una cantante ed autrice molto personale, con una voce che rimanda subito alle tonalità di una Natalie Merchant. L’artista canadese di Victoria nel British Columbia con questo suo disco intitolato “The Astral Plane” fissa le coordinate di un suono difficilmente etichettabile che parte  dal folk ma che lo infarcisce di inflessioni psichedeliche, pop e talvolta new age (per usare un termine ormai desueto). Le tematiche riflettono le considerazioni riguardanti il mondo che viviamo, con le sue emergenze, le crisi e le ripercussioni di tutto ciò sulle nostre vite, con inevitabili tocchi autobiografici e personali che mostrano forti legami con le proprie radici di nipote di immigrati ebrei ungheresi. Le assonanze con la citata ex frontwoman dei 10,000 Maniacs sono apprezzabili anche per una scrittura intrigante e profonda, così come la conterraneità e certa sensibilità poetica con Margo Timmins dei Cowboy Junkies fa spesso capolino in queste canzoni. Inevitabilmente “The Astral Plane” è un lavoro che si insinua pian piano nel cuore dell’ascoltatore sensibile alla canzone d’autore contemporanea, vuoi per le atmosfere in molti momenti sognanti ed etereee, vuoi per una selezione fatta di sfumature e particolari non sempre apprezzabili ad un primo ascolto. Tra le preferite di chi scrive c’è comunque la purezza acustica di “Daniel” a cui si può accostare la primissima Joni Mitchell o il Nick Drake più scarno e intimo, “Greenbelt” racconto di formazione sospeso tra piano e chitarra acustica, “Skinny Legs” un’immaginaria lettera scritta alla nonna con tutte le domande che Dana Sipos avrebbe voluto porle e “Hoodoo” in cui si può apprezzare tutta la sua bravura compositiva ed interpretativa. “The Astral Plane” è un disco profondamente sincero che presenta un nome che sicuramente non scalerà le classifiche di vendita ma che potrà trovare un suo piccolo spazio nei nostri cuori. (Remo Ricaldone)