3Leader e fondatore dei celebri ‘Cross Canadian Ragweed’ e, successivamente, dei ‘Departed’, Cody Canada rappresenta un’esemplare icona di musicista southern. La tecnica compositiva, i testi, l’esecuzione, gli stilemi: tutto conduce a quel mondo e a quelle suggestioni che le giovani generazioni della scena folk degli stati del sud hanno creato negli ultimi anni. Cody Canada nasce nel 1976 a Pampa, una cittadina dell’estremo nord del Texas, la stessa nella quale Woody Guthrie, molti anni prima, sembra abbia acquistato la propria prima chitarra. All’età di otto anni, si trasferisce a Yukon, un sobborgo periferico di Oklahoma City, a circa 200 miglia a est di Pampa; lì inizia a coltivare la passione per la musica, che cresce e si consolida a Stillwater, una città stracolma di stimoli artistici e piena di creatività, in cui ha sede una vivace comunità musicale che offre ai giovani cantanti alla ricerca di nuove sonorità, innumerevoli possibilità di incontro e confronto (basti pensare che proprio lì inizia la sua carriera niente meno che Mike McClure). Nel 1994 nascono i Cross Canadian Ragweed; la formazione vede Cody Canada alla chitarra solista, all’armonica ed alla voce, Randy Ragsdale alla batteria, Grady Cross alla chitarra ritmica e Matt Wiedmann al basso. E’ facile intuire come il nome del gruppo sia la risultante di un gioco di parole ricavato dai nomi dei tre fondatori. Nel trasferimento da Yukon a Stillwater, il gruppo perde Wiedmann che viene avvicendato da Jeremy Plato. La prima incisione, ‘Carney’, arriva nell’estate del 1998; all’età di 22 anni, Cody ed i CCR riescono a mettere assieme un eccellente album d’esordio. Le canzoni sono il frutto di importanti collaborazioni, maturate nell’effervescente ambiente di Stillwater: accanto al nome di Cody, tanto per citarne due, vediamo Mike McClure e Jason Boland. Le sonorità non sono ancora così rotonde e complesse come quelle che, successivamente, Cody saprà creare, ma i pezzi sono tutti ottimi e la struttura compositiva è già robusta e ben definita. Carney rappresenta una fase artistica di apertura, in cui, pur non emergendo ancora chiaramente la direzione musicale del gruppo, si percepisce un talento d’eccezione. Ciò che, invece, si rende chiaro sin da subito è la posizione di leader che Cody assume nella formazione: pur essendo una band nata nel segno dell’amicizia senza specifiche gerarchie preordinate, Cody ne rappresenta l’anima musicale più profonda; non è un caso, infatti, che diventi immediatamente (e naturalmente) il frontman e l’ispiratore del gruppo. I testi aderiscono alla tradizione (ed alle abitudini) della musica country southern giovanilista: raccontano, per lo più, storie d’amore, spesso d’abbandono e di tradimento, o vicende di disagio sociale e di ribellismo aintellettuale. Tuttavia i messaggi veicolati non sono del tutto scontati, come sovente capita in alcuna musica statunitense: emerge spesso una sorta di morale, un significato sotteso, che sembra assegnare al testo una funzione propositiva e non solo descrittiva – distruttiva. La tensione a non limitare il testo alla sola narrazione, ma ad assegnargli anche una, seppur non preminente, funzione morale ed educativa, accompagnerà Cody in tutta la sua produzione. Basta leggere, ad esempio, ‘Carney Man’, canzone che dà il titolo al cd, che rappresenta una sorta di inno alla libertà individuale ed alla ricerca di una condizione alternativa a quella imposta dalle convenzioni sociali e non, più banalmente, un semplice rifiuto delle regole civili tout court. L’album successivo, prodotto nel 2001 con ‘Smith Music Group’, la stessa etichetta dell’esordio, conferma le doti compositive di Cody; ‘Highway 377’ è una metafora della vita del songwriter statunitense: un viaggio permanente che alterna momenti di esaltazione e di autodistruzione alla ricerca ed alla speranza di un amore e di un significato. La musica è ancora piuttosto essenziale e scarna, ma efficace; l’impronta dell’album è piuttosto rock, senza tuttavia abbandonare mai i suoni delle origini (‘Jimmy and Annie’, tanto per fare un esempio): una qualità che tipicizzerà sempre la produzione artistica di Canada. Dopo appena un anno, Cody dimostra di essere enormemente maturato dal punto di vista tecnico e musicale: nel 2002 esce il cosiddetto ‘Purple Album’, prodotto dalla neonata Universal South Record, che contiene quelli che diventeranno alcuni dei pezzi storici del gruppo. ‘Brooklyn Kid’, ‘17’, ‘Don’t Need You’, ‘On a Cluod’, rivelano un notevole eclettismo tecnico e compositivo; i suoni sono ben amalgamati e la chitarra solista inizia a bucare la struttura musicale come nei più grandi complessi rock. La voce di Cody, nel frattempo, si è fatta più accattivante e sorniona e riesce a seguire le armonie strumentali in modo eccellente; il basso è molto incisivo e la batteria precisa e sostenuta. L’album, di
2indiscussa qualità, raggiunge solo il 70° posto nella country billboard chart (il che, tra l’altro, la dice lunga sul valore dei risultati delle più prestigiose classifiche musicali!). Con ‘Soul Gravy’, uscito nel 2004, la band è ormai conosciuta ed apprezzata, tanto che, da quell’anno sino allo scioglimento del gruppo, gli album si piazzeranno sempre tra le prime 10 posizioni nella classifica billboard top country album. ‘Soul Gravy’ è forse il lavoro più complesso e completo dei CCR, anche se non colpisce immediatamente come altri album; all’ascolto i brani risultano tutti molto sofferti, sia i pezzi più esplicitamente rock, sia quelli più soul o più melodici. Da segnalare la collaborazione di Bleu Edmondson in ‘Number’, bel pezzo d’apertura, dal testo piuttosto malinconico, in cui la batteria ha una insolita funzione portante nella tessitura ritmica complessiva. ‘Garage’ e ‘Mission California’ rappresentano l’apice del successo collettivo dei CCR e di quello personale di Cody Canada. ‘Smoke Another’, ad esempio, è un pezzo che merita di entrare nella storia del folk rock. Il gruppo ha ormai ampiamente dimostrato di riuscire a scrivere ed incidere musica di grande qualità e di immediata godibilità, senza per questo aver accantonato o essersi sbarazzato delle proprie radici o, peggio, averle vendute a qualche etichetta puramente commerciale. Cody, dal canto suo, oltre ad aver egregiamente affinato la tecnica e a non rimanere mai a corto di fiato compositivo, rifugge ogni idealizzazione di sé e della propria produzione e si mostra per quello che è, rimanendo sempre a portata di mano del suo pubblico. Nel 2009, i CCR lanciano ‘Happiness and All the Others Things’, dove pezzi rock veloci e dal sapore genuinamente southern si alternano a ballate struggenti. Sarà l’ultimo album del gruppo che, con una copertina azzeccatissima (la più bella e significativa tra tutti i cd prodotti), chiude la stagione dei CCR. La band si scioglie a causa di alcuni gravi problemi famigliari di Ragsdale che non gli consentono di seguire il gruppo con sufficiente serenità e che, pare, avrebbero contribuito a generare eccessivi attriti e tensioni interne. I CCR annunciano il loro ultimo concerto: si svolgerà nell’ottobre del 2010 a Chicago. I CCR lasciano in eredità alla musica ben 7 album registrati in studio e 3 dal vivo, prodotti nell’arco temporale di poco più di un decennio, contribuendo in modo determinante al rinnovamento del southern sound, con sonorità a tutto tondo, impastate di rock, di folk, di blues e di pop. Nel 2011 Cody Canada e Jeremy Plato fondano i ‘The Departed’; la formazione è costituita, oltre che da Cody alla chitarra ed alla voce e da Plato al basso, da Seth James alla ritmica, da Dave Bowen alla batteria (poco dopo sostituito da Chris Doege), e dal bravissimo Steve Littleton alla tastiera. Il disco d’esordio si intitola ‘This is Indian Land’ (la stessa scritta che compare sulla chitarra n. 1 di Cody) e contiene una serie di cover di autori del tanto amato stato dell’Oklahoma. I pezzi variano dalla sonorità delle origini a suggestioni anni 80, regalando comunque tutti una notevole freschezza interpretativa; si avverte subito come la presenza del piano abbia apportato una ulteriore raffinazione alla ricetta ritmica. In ‘Starin’ Down the Sun’, ad esempio, la rincorsa ed il passaggio del ritmo solista dalla chitarra al piano è davvero spettacolare. Nel 2012 esce il primo cd creato dalla band; porta il titolo, evocativo, di ‘Adventus’. La copertina, anch’essa evocativa, è una geniale fotografia presa durante un concerto dei Led Zeppelin a Ft Worth. L’album, di ottima qualità complessiva, si piazza solo al 19° posto nella classifica country billboard; il pubblico, a soli due anni dalla scomparsa dei CCR, è ancora abituato ad associare Cody alla vecchia e gloriosa formazione e, forse, non è ancora pronto ad accogliere la virata stilistica che i Departed hanno effettuato. L’album, infatti, pur sempre ancorato alle origini musicali degli autori e pur proponendo pezzi di grande varietà melodica, è meno marcatamente rock e più improntato a sperimentazioni ritmiche alternative. Anche i testi guadagnano maggior importanza nella somma complessiva della composizione e, contenendo messaggi di valore sempre più spiccatamente etico, inducono l’ascoltatore ad una fruizione più completa della canzone. Nel 2013, Seth James esce dal gruppo e nei Departed rimangono solo quattro componenti. Nel febbraio del 2015, il mercato accoglie l’ultima fatica del gruppo. Si tratta di ‘HippieLovePunk’. L’album è davvero eccellente e dimostra che la continua crescita artistica e tecnica di Cody è ancora in movimento: i suoni sono netti e ben riconoscibili, ma ottimamente amalgamati, conferendo a molti dei pezzi una pienezza sinfonica davvero rara nella musica degli stati del sud. E’ di un certo rilievo l’unico lavoro da solista di Cody, uscito nel 2013 per la Underground Sound, dal titolo ‘Some Old, Some New, Maybe a Cover or Two’; un divertissement acustico che, pur godibile e ben eseguito, assomiglia ad una parentesi nello sviluppo artistico del cantante più che non ad una specifica fase dello stesso. (JLLB, Mary Migliorati Andrea Pea-grafica-)