Achilles Wheel è una eclettica band che proviene dal nord della California, precisamente dalla cittadina di Nevada City. Bastano poche note della loro musica per immergersi nella più classica tradizione westcoastiana che ha visto i Grateful Dead protagonisti di una stagione indimenticabile tra rock e psichedelia, blues e bluegrass, ritmi caraibici e attitudini jam. Achilles Wheel sono al quarto disco e hanno già guadagnato una buona fama tra gli appassionati di un suono che continua ad affascinare per limpidezza e passione. Jonny Mojo Flores e Paul Kamm si dividono le parti chitarristiche, inevitabilmente sulle orme del grande Jerry Garcia, con stile e grande talento, le tastiere sono nelle mani di Ben Jacobs, il basso in quelle di Shelby Snow e dietro le  due batterie (retaggio classico dei Dead) siedono Mark McCartney e Gary Campus in una band che viaggia a mille con fluidità, fantasia e creatività. “Sanctuary” rafforza un suono che è andato maturando negli anni grazie ad una selezione che regala momenti di grande coinvolgimento, brani spesso dilatati ben oltre i cinque minuti (e c’è da immaginare ulteriori jam dal vivo) e un senso melodico intenso. Il disco scorre sciolto e non è facile fare una graduatoria dei momenti migliori, questione quantomai personale. A me intrigano le ritmiche leggere che sanno di Giamaica dell’apertura di “Drink The Water”, le palpitazioni roots della successiva “Blow Wind Blow” e la fascinosa “Across The River”, una delle cose migliori dell’album. Un trittico che introduce la musica degli Achilles Wheel come meglio non si potrebbe. E la loro musica prosegue senza intoppi per altri dieci brani tra cui sceglierei “Cross The Bridge” con quel ritmo sincopato tipico (ancora una volta) dei Dead degli anni settanta, il blues psichedelico della title-track, una “Honey Bee Wine” che sposta gli Achilles Wheel a Chicago per qualche minuto grazie ad un corposo e sinuoso blues, la deliziosa parentesi acustica di “Oak Tree” che li riposiziona da qualche parte negli Appalachi e una “Turn The Worm” con ancora Jerry Garcia e co. nel cuore, ritmi solari e chitarre sempre godibilissime in un ‘loop’ che ci riporta alla California di tanto tempo fa ma ancora tremendamente attuale. (Remo Ricaldone)