“Tutte le mie canzoni sono personali: alcune sono resoconti reali o cronologici, altre sono più impressioniste. Ma questo non rende una canzone più sincera di un’altra. Sono tutte vere, sono tutte cose che mi sono successe, sia letteralmente sia metaforicamente”. Con queste semplici parole Guy Clark, uno dei massimi ‘artigiani’ della canzone americana tra country e folk, definiva le sue creature, cesellate con cura come l’amore che metteva nella sua attività di liutaio nella sua casa/laboratorio di Nashville. A quattro anni dalla sua scomparsa è ancora vivissimo il ricordo di uno storyteller puro, capace di unire poesia, musica e arte tracciando una strada poi percorsa da generazioni di musicisti alla ricerca della migliore ricetta della canzone d’autore. La maggior parte della sua ispirazione di troubadour la prese dalla storie di provincia in quel di Monahans, Texas dove trascorse i suoi primi anni prima di trasferirsi in quella che negli anni sessanta fu nel Lone Star State il maggior polo d’attrazione culturale tra folk e blues, Houston. Fu li che venne in contatto con Lightning Hopkins e Mance Lipscomb, Ramblin’ Jack Elliott e soprattutto Townes Van Zandt, l’amico di una vita con il quale strinse un fortissimo legame artistico ed umano. E poi Nashville, dopo una parentesi californiana dove si esibì spesso nei club folk di Los Angeles, sempre con quella che fu compagna di una vita, la sua musa ispiratrice, Susanna Talley, presto signora Clark, autrice e pittrice talentuosa. E Nashville fu nei primissimi anni settanta un incredibile punto di ritrovo per musicisti il cui intento era condividere attitudini artistiche all’insegna del divertimento e della creatività: Steve Earle, Jerry Jeff Walker, Emmylou Harris, Rodey Crowell, Townes Van Zandt e molti altri furono i ‘motori’ di quella irripetibile stagione. Il resto è storia: il debutto con “Old No. 1”, ancora oggi, a distanza di quarantacinque anni, un disco seminale e di straordinaria forza espressiva e una carriera costellata di momenti memorabili, centellinando una produzione sempre coerente e di alto profilo. Ancora oggi Guy Clark è costantemente ricordato grazie ad un circuito di appassionati, colleghi ed ex collaboratori che ne mantengono vivo il lavoro prezioso e che nel corso degli anni hanno in qualche modo ‘iconizzato’ la figura. L’amica Tamara Saviano nel 2016 ha pubblicato, sull’onda del magnifico disco-tributo intitolato “This One’s For Him: A Tribute To Guy Clark”, quella che è da considerare la biografia definitiva sul personaggio: “Without Getting Killed Or Caught: The Life And Music Of Guy Clark” (titolo ripreso da una frase di “L.A. Freeway”, uno dei capolavori del disco d’esordio) è al tempo stesso un profondo atto d’amore e l’intricato racconto dei rapporti del musicista texano nei confronti delle persone a lui più vicine, scavando nei più reconditi aspetti di una personalità affascinante e certamente complessa. E’ di quest’anno la trasposizione cinematografica di quel libro in un film che prende spunto sia ovviamente dal testo di Tamara Saviano ma anche dai diari di Susanna Clark. La voce narrante, idealmente quella di Susanna Clark (scomparsa nel 2012), è di Sissy Spacek, conterranea di Guy e molto legata alla musica delle radici avendo inciso anche un disco negli anni ottanta, interpretando inoltre la figura di Loretta Lynn nel bellissimo film di Michael Apted intitolato “La Ragazza Di Nashville” (“Coal Miner’s Daughter”, 1980). Scelta assolutamente non casuale. (Remo Ricaldone)