Back to school.

La cornice familiare, tranquilla e “scolastica” (letteralmente!) che circonda l’evento in questione è davvero pittoresca: in un luogo dove di solito scorrazzano ragazzini e professori, ci ritroviamo a ingurgitare birre in lattina assieme a rockers di lunga data, bikers e americani capelloni.

La serata viene introdotta dai giovani tedeschi King Savage, che si ritrovano, però, a fronteggiare una platea di gente seduta comodamente nelle sedie dell’Auditorium delle scuole medie “Toscanini”.

Il loro Hard Rock’n’Roll è genuino e ben costruito, forse un po’ banale, ma sicuramente adatto alla serata, anche se la loro energia non è abbastanza intensa da far alzare il pubblico in piedi.

Dopo una quarantina di minuti (e una sentita ovazione da parte degli spettatori rivolta al grande lavoro svolto negli anni dall’ADMR Chiari), ecco che sul palco entrano in scena i veterani del Southern Rock.

Purtroppo la prima parte del set lascia l’amaro in bocca: i Molly Hatchet sono visibilmente stanchi e fuori forma e i brani storici come “Whiskey Man”, “Bounty Hunter” e la grooveggiante “Gator Country” ne risentono parecchio.

La mancanza della seconda chitarra è pesante (Dave Hlubeck ci ha lasciati a fine 2017) e il solo Bobby Ingram non riesce a fare per due, nonostante il validissimo aiuto di John Galvin alle tastiere.

Fortunatamente, la situazione migliora nettamente con il classicone “It’s All Over Now”, cover di Bobby Womack contenuta nel loro storico album “Flirtin’ With Disaster”: il pubblico lascia finalmente le sedie e inizia a scaldarsi come si deve.

“Devil’s Canyon”, “Beatin’ The Odds” e “One Man’s Pleasure” scorrono via con arroganza e anche il frontman Phil McCormack sembra riprendere fiato (i suoi respiri ansimanti sembravano presagire il peggio).

Una accennata, ma intensa “Fall Of The Peacemakers” fa scendere qualche brivido, per poi tornare all’hard boogie di “Jukin’ City”, ma il piatto forte è la loro celeberrima cover di “Dreams I’ll Never See”, pezzo storico degli Allman Brothers, loro compaesani di Jacksonville, Florida.

Dopo un breve saluto, la band lascia il palco, per poi tornare qualche minuto dopo per gli encores.

La trascinante e tempestosa “The Journey” è uno dei punti più alti della serata, ma ovviamente la conclusione dello show è affidata al classico dei classici: “Flirtin’ With Disaster”.

L’età avanza, la stanchezza si fa sentire e ormai nella band non c’è neanche più l’ombra dei membri fondatori, ma la loro passione continua ad esserci tutta, nonostante le difficoltà.

Fa un po’ tenerezza assistere a concerti del genere, dove dei vecchi dinosauri, ormai on the road da più di 40 anni, cercano di dare il massimo nonostante la fin troppo evidente stanchezza mentale e fisica.

Un grande applauso a Maurizio Mazzotti e all’ADMR Chiari, che da più di 20 anni porta in Italia Artisti di qualità assoluta, lavorando con passione e professionalità e onorando il profondo amore per la Musica. (Cristian Secco)