KODAK Digital Still Camera
L’ultima delle cosiddette ‘Buscadero Nights’ della stagione porta sul palco del Folk Club, per la prima volta, Tim Grimm, voce tra le più genuine e sincere dell’American Heartland al pari di grandi storytellers come David Mallett, John Gorka, Darrell Scott e Carrie Newcomer. Tim risiede nella bucolica e collinosa parte meridionale dell’Indiana dove, con la moglie Jan e i figli Connor e Jackson, vive in una fattoria a stretto contatto con la propria terra e il proprio retaggio culturale. Proprio da queste premesse e con l’accompagnamento della propria famiglia al compleato che Tim Grimm porta in tour una visione di America vitale e vibrante, inclusiva e vogliosa di gettare ponti (e non muri) verso il prossimo. Le sue storie parlano di ricordi d’infanzia, di attualità (le recenti elezioni americane che lo hanno deluso e non poco, la lottà dei nativi americani contro la famigerata ‘Dakota Pipeline’), di sconfinato amore per le proprie radici e per coloro che ne hanno forgiato lo stile, da Woody Guthrie a Ramblin’ Jack Elliott, più volte citati nel corso della serata. Una serata aperta dalla bella voce di Lucia Comnes, americana trapiantata nel nostro Paese che, nel corso di un set breve ma piacevole, ha intrattenuto il pubblico, sempre caldo e attento, con alcune sue composizioni.
KODAK Digital Still CameraLa stessa Lucia, al violino e alla chitarra, con l’ottimo dobro di Paolo Ercoli, ha fatto da ospite in alcune canzoni della band di Tim Grimm, subito in sintonia con il suo approccio caloroso e semplice, appassionato e coinvolto, poeticamente su livelli sempre eccellenti. Un concerto che ha avuto, inevitabilmente, come filo rosso i brani del più recente disco, lo splendido “A Stranger In This Time”, edito dalla label italiana Appaloosa che come abitudine ha fatto un lavoro prezioso ed intelligente traducendo tutti i testi nella nostra lingua per meglio penetrare il significato delle canzoni. “These Rollin’ Hills” posta in apertura del concerto, l’autobiografica “Thirteen Years”, l’oscura “Black Snake” a simboleggiare l’oleodotto che violenta la terra indiana, il sapore tradizionale di “Darlin’ Cory”, “Over The Waves”, “Finding Home” e “Over The Waves” sono solo alcuni dei momenti di una serata in cui spesso la commozione ha avuto il sopravvento, una serata in cui i legami famigliari sono emersi in tutta la loro forza con il basso elettrico sempre puntuale di Connor Grimm e gli assoli chitarristici e il bel banjo di Jackson Grimm, i controcanti e l’armonica di Jan Lucas hanno rivestito questi pregnanti quadretti della provincia americana di un’aura sempre ispirata. E visto che questo tour di Tim Grimm nel nostro Paese è il quarto o il quinto, speriamo di rivederlo presto sui nostri palchi.
(Remo Ricaldone)