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C’è poco da fare. Ci sono artisti che abbondano di barocchismi nelle loro opere, rischiando di dare più attenzione ai piccoli particolari rispetto alla vera essenza del lavoro, e ci sono Artisti che riescono ad essere incredibilmente onesti, veri e convincenti con una semplicità sorprendente.
Questo è il caso di Jake Smith, conosciuto ai più come “The White Buffalo”: raramente mi è capitato di restare folgorato dopo l’ascolto di sole poche note, ma qualche anno fa, ascoltando “Once Upon A Time In The West” rimasi davvero a bocca aperta.
Dopo aver recuperato praticamente ogni lavoro registrato dal buon Jake, con mia grande gioia ho potuto constatare che il Bufalo non ha sbagliato un colpo e, fortunatamente, anche il suo ultimo lavoro “Darkest Darks, Lightest Lights” non ha deluso le mie aspettative.
Il disco si apre con “Hide And Seek”, shuffle a cavallo tra il Blues ed il Folk che fa calare immediatamente l’ascoltatore nell’atmosfera, per poi proseguire con “Avalon”, pezzo ritmato e con un sound decisamente più “elettrico” rispetto ai lavori precedenti.
Con “Robbery” invece si passa ad uno scenario tipico del selvaggio West, dove gli ululati e il contrabbasso accompagnano la descrizione di una rapina.
“The Observatory” ci riporta al sound tipico del Bufalo Bianco, una ballata acustica intensa, intima ed avvolgente ed è, a mio parere, uno dei momenti più emozionanti di questo disco.
Il mood cambia nuovamente con “Madam’s Soft, Madam’s Sweet” e l’atmosfera si scalda riempiendosi di elettricità: la chitarra distorta e l’armonica a bocca si sposano alla perfezione con la voce profonda di Smith. Sonorità forse atipiche per chi è abituato alle opere precedenti, ma che esaltano il lato più graffiante di White Buffalo e ciò si può sentire anche nella successiva “Nightstalker Blues”.
Un altro momento di grande intensità è “If I Lost My Eyes”, pezzo molto personale e riflessivo, dove il buon Jake riesce ad emozionare in modo semplice e sincero.
La parte finale dell’album è affidata a “Border Town / Bury Me In Baja”, cavalcata incalzante e rabbiosa, sicuramente un marchio di fabbrica dell’Artista. “The Heart And Soul Of The Night” è invece un pezzo molto più spensierato che fa prendere il respiro prima della conclusiva e sognante “I Am The Moon”.
In generale “Darkest Darks, Lightest Lights” è un disco molto valido, che conferma il grandissimo livello di questo cantautore, il quale dimostra che sa anche prendersi i suoi rischi adottando soluzioni stilistiche diverse, ma pursempre coerenti con il suo modo di fare Musica. Lunga vita al Bufalo Bianco!(Cristian Secco)