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Una temperatura davvero ideale ci accoglie al magnifico Anfiteatro del Vittoriale in questa serata di metà luglio. La location è magica e la vista sul “nostro” lago di Garda dalle gradinate superiori ci mette subito a nostro agio. Il sole tramonta, una lieve brezza ci accompagna e le delicatissime note di Karen Elson scorrono veloci.
Sinceramente ero un po’ nervoso per questo concerto, non sapendo esattamente cosa aspettarmi e avendo sentito delle voci riguardanti la “particolare” serata precedente svoltasi a Roma. Le luci si spengono e il palco colmo di televisioni, peluches e amplificatori giganti (omaggio al buon Neil Young di “Rust Never Sleeps”?) accolgono la star della serata.
Il ciuffo selvaggio di Ryan Adams inizia a dimenarsi e con una potente “Do You Still Love Me?”, tratta dall’ultimo lavoro “Prisoner”, inizia il lungo set. Si prosegue con “Gimme Something Good” con chitarroni, tastiere, basso e batteria in piena forma.
Molti i brani in scaletta: nuovi (“Prisoner”, “Outbound Train”, “Doomsday”) e più datati, come ad esempio “Let It RIde” e “Cold Roses” del periodo Cardinals.
Personaggio davvero particolare, questo Adams. Comprensibile la sua richiesta di togliere il flash dalle fotocamere (soffre della sindrome di Meniere), ma è stato soprattutto il suo sfogo contro uno spettatore durante “Where The Stars Go Blue” ad essere uno degli highlits del concerto. “I’m not a f*ckin’ app. We’re humans, we’re real!”, ecco come il cantautore ha inveito contro il “gentleman”, che evidentemente stava passando troppo tempo davanti al suo smartphone, perdendosi il gusto di assaporare il presente.
“I See Monsters”, “This House Is Not For Sale”, “Two”, “English Girls Approximately” scorrono via che è un piacere, fino a quando il buon Ryan non sente una voce proveniente dal pubblico urlare qualcosa di sconclusionato. Lui, scherzandoci su, capisce “Walter Grey” e inizia a suonare con la sua band qualcosa a noi sconosciuto, improvvisando un Folk-Blues con protagonista proprio questo famigerato Mr. Grey. Momento davvero piacevole.
Il concerto prosegue per una duranta complessiva di poco più di due ore, concludendosi con la meravigliosa “Trouble” e la rockeggiante “Shakedown On 9th Street”. Serata appunto molto particolare, ma che ha garantito senza dubbio qualche spunto di riflessione.(Cristian Secco)