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Era da un po’ che avevo perso le tracce di Daryle Singletary, tra le voci più calde e modulate del panorama country degli anni novanta e dei primi anni duemila. Forte il suo piglio tradizionalista e pulito ed incisivo il suo approccio, il musicista di Cairo, Georgia aveva poi, col tempo, diradato le sue uscite discografiche in concomitanza con la perdita di appeal da parte delle major nashvilliane nei confronti dei suoni più classicamente country. Qualche produzione indipendente tanto per ricordare ai fans che non aveva perso voglia e stimoli e poi, un po’ a sorpresa, questo “American Grandstand” in duo con Rhonda Vincent, musicista tra le più importanti della scena bluegrass degli ultimi trentanni le cui frequentazioni in campo country non sono mai mancate in una carriera luminosa e ricca di episodi da ricordare. Mai come in questo caso però la mandolinista di Kirksville, Missouri si è calata nei panni di country singer così affidabile e sicura in un disco in cui l’affinità e la sintonia con il partner è praticamente perfetta come se i due avessero cantato assieme da una vita. “American Grandstand” è lavoro sincero, appassionato e semplice nello svolgimento così come vuole la più nobile tradizione country, arrangiato impeccabilmente e con una selezione scelta con oculatezza e perspicacia. Il profondo rispetto tra i due protagonisti, cementato negli anni anche senza particolari collaborazioni, ha dato vita ad un album che si pone naturalmente nella scia dei grandi duetti del passato, da George Jones e Tammy Wynette (che avevano nel repertorio la eccellente “One” che fa bella mostra in questo disco) a Conway Twitty e Loretta Lynn fino a Merle Haggard e Bonnie Owens, risultando tanto scorrevole e brillante quanto intenso e coinvolgente. Classici come “Golden Ring”, hit nelle classifiche country di una quarantina di anni fa, “Louisian Woman, Mississippi Man” portata al successo da Conway Twitty e Loretta Lynn, “We Must Been Out Of Our Minds” e “A Picture Of Me Without You” noti nelle versioni di George Jones, sono alcuni dei momenti più godibili del disco, così come “Can’t Live Life” e la conclusiva (e leggermente venata di gospel) “Up This Hill An Down” si avvicinano leggermente a temi bluegrass cari naturalmente a Rhonda Vincent. Disco assolutamente da avere se amate e vi emozionate ai suoni di una country music senza tempo e interpretata con rara intensità.(Remo Ricaldone)