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Nell’immaginario americano i fuorilegge hanno da sempre incarnato la figura anche romantica di coloro che hanno rifiutato di assoggettarsi ad un destino inevitabilmente infausto e amaro, decidendo di schierarsi sul ‘lato sbagliato della strada’ con il rischio (concreto e quasi certo) di bruciarsi in un’esistenza fatta di sofferenza e morte. La tradizione d’oltreoceano è piena di questi personaggi, da ‘Pretty Boy’ Floyd ai fratelli Frank e Jesse James, da John Wesley Hardin a Billy The Kid, fino a Bill Doolin e Bob Dalton tanto per citare alcuni nomi famosi e anche nella musica, oltre a celebrarli in ballate e canzoni, ci sono stati artisti che sono andati controcorrente rispetto alle leggi del business con il loro ‘modus vivendi’ e con le tematiche spesso scomode e politicamente scorrette delle composizioni. “Fuorilegge d’America”, interessante volume scritto da Fabio Cerbone, si concentra su tre grandi artisti, tre ‘outlaws’ che hanno contribuito in maniera fattiva a segnare pagine storiche di quel grande libro che è la Musica Americana. Con la pre-prefazione di Dave Alvin e l’introduzione dell’autore, Fabio Cerbone intreccia ed incrocia le storie di tre storici fuorilegge come Billy The Kid, Jesse James e John Wesley Hardin con quelle di altrettanti ‘outlaws’ musicali come Hank Williams, Sr., Johnny Cash e Steve Earle. Ne vengono fuori ritratti di grande intensità e pienezza che, nel corso di relativamente poche pagine (circa 150), fotografano con passione le vite di tre musicisti che hanno scelto, all’interno di un suono come quello country spesso sinonimo o quantomeno avvicinato ad un mondo fatto di valori ‘comuni’ e talvolta patriottico-religiosi, un percorso più tortuoso e irto di insidie raccontando situazioni e mondi ‘scomodi’, dall’abuso di sostanze (alcol e droghe) agli aspetti più tragici dei rapporti umani e familiari, dalla rivalutazione dei diritti delle minoranze al pacifismo e alla critica verso i poteri forti. Un libro importante che non vuole certo essere esaustivo ma porre al centro dell’attenzione un’America magari marginale a livello di esposizione mediatica ma vera e profondamente dignitosa.(Remo Ricaldone)