Due anni fa aveva mostrato qualità sopraffine grazie alle dieci canzoni che componevano lo splendido “Shine On Rainy Day”, secondo album che seguiva “No Place To Live”, disco inciso molti anni prima di tornare a casa in Georgia e ben presto dimenticato e ora Brent Cobb fa un ulteriore passo avanti aggiungendo alle armonie country del precedente forti dosi ‘southern’ tra spirito outlaw e pulsioni rock, confermando il sodalizio con il cugino Dave Cobb, attualmente uno dei migliori produttori roots in circolazione. “Providence Canyon” rafforza le storie ‘blue collar’ di Brent con sferzate chitarristiche, organo e voci ‘nere’ che si inseriscono in un quadro in cui non viene dimenticato il background country ma anzi viene esaltato grazie ad una vena compositiva forse mai così intensa e matura. Si passa presto dalla sontuosa country ballad che da’ il titolo al disco alla rocciosa “Mornin’s Gonna Come” in un percorso di rara bellezza stilistica in cui la mano di Dave Cobb negli arrangiamenti e nell’apporto strumentale risulta vincente sopra ogni dubbio. Le storie sono gustosi quadretti di vita di provincia, con tutte le speranze e le aspirazioni di una ‘small town life’ lontana mille miglia dalle luci delle metropoli. “King Of Alabama”, “Sucker For A Good Time” che non può che rimandare allo spirito di Ronnie Van Zandt e soci, così come la corposa “If I Don’t See Ya” con il suo ritmo boogie mentre in “30-06” rivive lo spirito del compianto Gregg Allman e nelle cristalline melodie di “Lorene” e  “When The Dust Settles” c’è tutto lo spirito, l’essenza di uno tra i musicisti più genuini ed autentici del panorama roots americano. Tra i dischi dell’anno. (Remo Ricaldone)