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L’eleganza interpretativa, la sublime tecnica chitarristica e la classe nel firmare alcuni dei classici indelebili nella storia della country music ha fatto di Glen Campbell l’esempio migliore di come unire tradizione e sensibilità pop senza risultare inutile o tedioso. Glen Campbell è stato protagonista di alcune delle più belle pagine musicali a partire dai primissimi anni sessanta fino al 2013, due anni dopo aver scoperto di soffrire del morbo di Alzheimer e aver dato alle stampe l’ottimo “See You There”, rilettura di alcuni suoi classici, da “Wichita Lineman” a “Gentle On My Mind” (firmato da John Hartford ma divenuto nelle sue mani una vera ‘signature song’), da “Galveston” a “By The Time I Get To Phoenix”, fino a “Rhinestone Cowboy” e “Postcard From Paris”. La sua capacità di fare proprie melodie scritte da altri autori rendendole personali al punto da riconoscerle quasi come fossero sue, assieme ad un gusto della melodia non comune e ad un garbo, una raffinatezza e un’accuratezza nelle interpretazioni hanno fatto di Glen Campbell una vera star e, cosa ancora più importante, un esempio per molti suoi colleghi dello ‘show biz’. Poco dopo aver saputo di soffrire di una malattia così invalidante nel medio termine ha convinto Glen Campbell ad intraprendere un tour mondiale chiamato ‘Goodbye Tour’ al quale è stato accompagnato un toccante documentario e relativa parte sonora e, quasi come fosse un testamento musicale e un epitaffio, è nato il progetto intitolato significativamente “Adiòs”, una riproposizione di brani amati profondamente ma che per un motivo o per l’altro non erano mai stati incisi. Partendo proprio dalla title-track, firmata dall’apprezzatissimo Jimmy Webb, autore tra i più considerati dal Nostro, la selezione dell’album numero 64 (mi pare) è una ghiottissima occasione per ritrovare, ancora al meglio delle sue possibilità un interprete ed un entertainer di lusso, aiutato fattivamente dalla figlia Ashley e dal grande Carl Jackson in veste di produttore. Scorrono così brani di autori amati come Roger Miller nell’inedita “Am I All Alone (Or Is It Only Me)” in cui Glen è affiancato da Vince Gill, Bob Dylan in una discreta “Don’t Think Twice It’s All Right”, Willie Nelson nell’inossidabile “Funny How Time Slips Away” (con lo stesso Willie presente!), George Jones nella classicissima “She Thinks I Still Care” (firmata comunque dalla coppia Dickey Lee e Steve Duffy), Fred Neil nell’indimenticabile “Everybody’s Talkin’” tra le migliori del disco e, capolavoro assoluto, “Arkansas Farmboy”, brano profondamente autobiografico firmato a fine anni settanta da Carl Jackson in onore dello stesso Campbell. Proprio con questa canzone ci sentiamo di salutare un personaggio certamente rilevante nell’ambito della musica americana delle radici, apprezzato attraverso periodi in cui si sono alternati momenti di straordinaria fama, oscurità inevitabile e commovente umanità. (Remo Ricaldone)