aaron-watson-vaquero-cover Aaron Watson, il cantante country Texano che più volte abbiamo visto dal vivo in Italia, torna con un nuovo album dopo lo strepitoso “The Underdog” del 2015. The Underdog , grazie anche a tutta una serie di magiche alchimie e combinazioni che si sviluppano in maniera quasi inaspettata quando si registra un album, è un piccolo capolavoro difficilmente ripetibile. Vaquero (l’undicesimo album in studio di Watson) indubbiamente non è all’altezza di The Underdog, ma rimane comunque un buon cd che merita di essere posto all’attenzione dei lettori di planetcountry. Come ogni album del singer di Amarillo che si rispetti, anche Vaquero è ricco di canzoni d’amore, di canzoni sul Texas e sulla sua gente e, riprendendo il sentiero tracciato da Barbed Wire Halo nel 2007, anche di qualche gospel e inspirational songs. La grande quantità di brani (16) denota inoltre che l’ispirazione e la voglia di scrivere canzoni non sono venute a meno e il dischetto riflette proprio la “necessità” da parte dell’artista di condividere e di raccontare le proprie emozioni, le proprie convinzioni e il proprio “way of life”. Aaron Watson da questo punto di vista è indubbiamente un puro e a noi piace anche e soprattutto per questo. Inoltre il titolo, il termine ispanico per definire il cowboy, e alcune canzoni ( Amen Amigo e la stessa Vaquero) sembrano quasi rappresentare una sorta di mano tesa dagli Stati Uniti verso il vicino Messico, in un momento storico in cui invece si pensa di costruire un muro divisorio tra i due Paesi. Tornando alla musica, i brani (samples,visto che l’uscita dell’album è ufficialmente prevista per il 24 febbraio) che più mi sono piaciuti sono l’opening Texas Lullaby, la moderna (ma non troppo) These Old Boots Have Roots, la dolce Big Love In A Small Town e la stupenda The Arrow, un two step che profuma di bluebonnet ed erba della prateria.Infine, last but not least, due parole sulla copertina che mostra la bandiera del Texas dipinta su un muro davanti alla quale si pone Aaron con la chitarra in mano. Non sarà la copertina più rivoluzionaria del mondo, non sarà un monumento alla pop art, ma l’effetto è assicurato e l’orgoglio di appartenere allo Stato della Stella Solitaria viene pienamente ribadito. (Gianluca Sitta)